Vertice dei popoli, Università di Panamá.
Tavolo 1: "America Latina: Regione di
pace assediata dagli Stati Uniti"
Marco A. Gandásegui *|
Le relazioni tra America latina e Stati Uniti sono in una fase di cambiamento
molto rapido. A differenza delle relazioni tra le due regioni che
caratterizzarono gran parte dei secoli XIX e XX, tutto indica che quello che
caratterizzerà il presente secolo, lascerà un segno differente. Tra il 1800,
fino alla fine del secolo scorso, il ruolo degli Stati Uniti nella regione
latinoamericana era in fase ascendente. Durante quei due secoli si
appropriarono di enormi territori, investirono in imprese agro estrattive con
enormi vantaggi, formarono solide alleanze con le oligarchie che si
consolidarono nel potere locale dopo le guerre di indipendenza e seminarono le
loro basi militari nel continente.
Il successo nordamericano sul continente sperimentò puntualmente delle
interruzioni, in quei due secoli. La più significativa, senza dubbio, fu la
Rivoluzione cubana, che non mise in discussione solo il potere economico e
politico di Washington sull'isola, ma sfidò anche l'egemonia culturale e
rivendicò la dignità non solo di Cuba, ma di tutto il continente. Altre
esperienze come la Rivoluzione messicana, l'Unità Popolare cilena o il
Justicialismo argentino - tra le altre - furono scintille che col tempo vennero
schiacciate dalla forza militare statunitense.
Tuttavia, dal 1990 l'America latina ha cominciato a vivere un nuovo periodo
durante il quale è stata messa sempre più volte in discussione l'egemonia degli
Stati Uniti. La Rivoluzione bolivariana del Venezuela, la rivoluzione cittadina
in Ecuador, lo Stato multiculturale della Bolivia si sono uniti a Cuba per
formare una solida Alleanza che potesse affrontare Washington: l'ALBA. Questo
nucleo di paesi ha trovato governi amici nel Nicaragua, Argentina, Uruguay e
Brasile, costituendo un blocco storico capace di frenare le ambizioni smisurate
di saccheggio economico da parte statunitense nella regione.
Forse il momento clou della nuova correlazione di forze è stato nel 2005 con il
Vertice delle Americhe a Mar del Plata, quando sotto la guida del presidente
venezuelano Hugo Chavez, l'America Latina ha sconfitto il progetto ALCA (Area
di Libero Commercio delle Americhe) ideato da Washington. Gli Stati Uniti
notarono il cambiamento nella correlazione di forze e cominciarono a sviluppare
un'alternativa per affrontare il blocco latinoamericano che si stava
consolidando.
Gli USA stanno perdendo i loro vantaggi economici nella regione. Non sono
grandi estrattori ed importatori di materie prime dell'America latina. Neanche
grandi esportatori di macchinari e tecnologia. Di conseguenza, stanno perdendo
la loro influenza politica e molti governi della regione stanno cercando
soluzioni che siano a vantaggio dei propri interessi. Dal punto di vista
culturale, gli Stati Uniti conservano ancora la loro egemonia ideologica sulla
base del loro controllo sulle istituzioni chiave, nella riproduzione delle
credenze fondamentali della gente. Infine mantengono il loro dominio militare,
rappresentato da una serie di basi militari in tutto il continente e dalla
vendita di armi.
Vediamo di seguito che cosa è stata la strategia di Washington nel decennio tra
il 2005 e il 2015 per conservare il dominio nell'emisfero. In primo luogo
esamineremo i cambiamenti che ha sperimentato l'economia nordamericana e la sua
relazione con l'America latina. In secondo luogo cercheremo le chiavi che
spieghino i cambiamenti politici che caratterizzano attualmente le relazioni
tra le due regioni. In terzo luogo, si vedrà come si è sgretolata parzialmente
l'egemonia culturale costruita in un secolo e mezzo dagli USA. Infine, data la
situazione mutata in campo economico e politico, Washington è ricorsa all'arma
che continua ancora ad essere il suo asso nella manica: la carta militare.
L'accumulazione capitalista
Gli Stati Uniti sottomettono agli inizi del XIX secolo i paesi del Gran Caribe
ad una politica di sfruttamento agro-estrattivo che si estenderà al resto della
regione prima che finisca il secolo. A partire dal 1930 impongono la loro
politica di industrializzazione mediante la sostituzione di importazioni,
trasformandosi nel principale esportatore di tecnologia. Il collasso del
modello produce una crisi profonda nell'economia statunitense, che la trasforma
in una macchina specializzata in depredare i paesi della regione delle
ricchezze. Nell'orizzonte emerge la Cina con la sua politica indirizzata a
rimpiazzare gli Stati Uniti come 'compratore' agro-minerario.
Dalla fine della guerra civile nordamericana, 1860 -1865, fino alla fine del XX
secolo, la crescita economica degli Stati Uniti è stata costante e
spettacolare. Si possono considerare le grandi recessioni capitaliste del 1870
e del 1929, rispettivamente, come crisi di riaccomodamento della forma di
accumulazione. Da una piccola potenza dell'epoca di un secolo e mezzo fa, si
trasformò nella potenza capitalista egemonica nel XX secolo.
Questo salto lo fece sulla base dello sfruttamento di una massa lavorativa
concentrata in un paese continentale, che è riuscita a sottomettere il mondo
che gli ha fornito le materie prime e la manodopera richiesta dalla sua
crescita industriale. Allo stesso tempo, è riuscita a costruire un impero
finanziario che aveva tentacoli in ogni continente.
Per accumulare le ricchezze generate da una crescente classe operaia, gli Stati
Uniti si lanciarono in prima istanza - secolo XIX - alla conquista del Messico
e del Gran Caribe. I territori messicani annessi all'Unione e le ricchezze
minerarie del paese azteco, alimentarono l'industria nordamericana. I Caraibi e
il Centro America furono generosi nel fornire cibo per i lavoratori industriali
del nord. Allo stesso tempo, Panama aprì il suo angusto istmo, affinché il
vigoroso 'Est' nordamericano si unisse all 'Ovest'.
L'industrializzazione nordamericana sembrava instancabile ed insaziabile. Gli
Stati Uniti non si appropriarono solo delle risorse naturali e delle ricchezze,
neutralizzarono anche e distrussero ogni sforzo delle classi produttive del
Messico e dei Caraibi, per spingere il proprio sviluppo ed emergere come
concorrenti. Nel caso del Sud America, gli USA agirono allo stesso modo, soppiantando
le incursioni precedenti della Gran Bretagna. In pochi decenni riuscirono ad
impadronirsi delle materie prime della regione e sottomettere tutti i paesi al
loro sistema finanziario.
I grandi industriali nordamericani investivano in America latina, con
finanziamento di Wall Street e con l'intervento militare del governo a
Washington. Mentre gli Stati Uniti accumulavano sulla base dello sfruttamento
degli operai nordamericani e del super-sfruttamento dei lavoratori
latinoamericani, i paesi della regione diventavano più dipendenti. La
dialettica generava sempre più ricchezza in un polo e più povertà nell'altro.
La Rivoluzione cubana nel 1959 fu il primo segno di ribellione di fronte a
questa logica perversa. Come punizione, il blocco statunitense dell'accesso
dell'economia cubana al mercato mondiale. La politica neo-liberale,
finanziamento dell'economia nordamericana, a partire dagli anni 70, ebbe
effetti disastrosi per l'America Latina. Il cosiddetto 'decennio perduto' 1980,
ha colpito il continente che cercava di adattarsi senza successo ai cambiamenti
di modello di accumulazione degli Stati Uniti. Nel decennio 1990 la nuova
politica neoliberale diede ossigeno alle economie capitaliste latinoamericane
iniziando un processo di trasferimento di ricchezze dai lavoratori (90 percento
della popolazione), ad una piccola minoranza formata dalle oligarchie e dai
loro soci.
Il modello basato sul lavoro flessibile, la deregolamentazione e la
privatizzazione riuscì a produrre un 'boom' che durò cinque anni, in alcuni
casi dieci. Tuttavia, rapidamente si sgonfiò e provocò riflusso in tutti i
paesi. Dove più si sentì la sferzata, fu in paesi come Argentina, Bolivia,
Brasile, Ecuador e Venezuela. Governi populisti, alleanze operaio-borghesi,
arrivarono al potere e scoprirono che gli USA non rappresentavano una via
d'uscita alla crisi economica che avevano ereditato dei neoliberisti.
Allo stesso tempo, alla fine degli anni 90 e all'inizio del primo decennio del
XXI secolo, cominciò ad emergere con inusitata forza, l'economia della Cina.
Per una serie di circostanze, riuscì a generare una crescita industriale poche
volte vista nel passato capitalista. Come Gran Bretagna, USA, Germania e
Giappone, nel suo momento, la Cina era affamata di materie prime per alimentare
le sue industrie ed i suoi lavoratori. In America latina trovò una regione
disposta ad iniziare uno scambio che avrebbe fatto bene ad entrambi. In cambio
di materie prime, la Cina inviava agli esportatori dollari nordamericani.
Le oligarchie latinoamericane continuarono ad accumulare sulla base della
dialettica della dipendenza. Tuttavia, i governi 'populisti' compresero che
dovevano generare programmi di aiuto ai settori più impoveriti, per contenere
le proteste.
La dominazione politica
Politicamente gli Stati Uniti hanno perso gran parte della loro capacità di
manovra contro i popoli latinoamericani. I loro alleati oligarchi, con poche
eccezioni, sono diventati dei pesi senza la volontà di condurre una lotta
contro i popoli. I paesi dell'Alba, espressioni come la CELAC e le sconfitte
che soffrono gli Stati Uniti nelle loro guerre in Colombia e Messico, sono
esempi della perdita di egemonia. Nel caso del Venezuela si pone come unica
uscita la destabilizzazione, la 'guerra soft' e finalmente il colpo di stato
militare.
Gli Stati Uniti riuscirono a sottomettere i paesi della regione latinoamericana
sulla base di una strategia che poneva un settore dell'oligarchia in lotta
contro un altro. Quando era conveniente ai propri interessi mobilitava le forze
popolari: artigiani, contadini, operai e/o classi medie. I conservatori con la
Chiesa cattolica come alleata, affrontavano i liberali ed i loro quadri
massoni, mentre gli Stati Uniti consolidavano posizioni dentro la struttura
politica. Quando Washington dava priorità ai suoi interessi minerari, si
alleava ai liberali nemici dei proprietari terrieri conservatori.
Bolivar nel 1825 annunciò le intenzioni statunitensi nella Carta della
Giamaica. Un anno dopo era enfatico nei suoi colloqui con Santander sulla non
convenienza di invitare Washington al Congresso Anfizionico che si celebrò
nella città di Panama.
Nel 1888 Washington convocò una riunione 'Panamericana' per appianare la strada
e che gli permettesse di trasformarsi in asse commerciale in tutta la regione.
Dopo la Seconda guerra mondiale sottomise tutti i paesi, non senza qualche
protesta, ai dettati dell'Organizzazione degli Stati Americani (OEA). Per
assicurare la sua egemonia politica nel mondo, particolarmente in America
latina, sollevò la minaccia dell'Unione Sovietica. Mediante questa strategia,
insieme ai suoi alleati oligarchici nella regione, organizzò un sistema
politico che gli permise di reprimere e subordinare i lavoratori, specialmente
operai e contadini, per super sfruttarli.
La resistenza ai piani di dominazione nordamericana da parte dei paesi
latinoamericani obbligò gli USA ad imporre dittature militari per continuare
strappare profitti straordinari della regione. Cuba fu l'unico paese
latinoamericano nel XX secolo, che riuscì a liberarsi del giogo politico delle
grandi corporazioni nordamericane e dei militari locali.
La crisi del capitalismo nordamericano e del modello neoliberale alla fine del
XX secolo, produssero un cambiamento nell'ordinamento politico. Alla nuova
correlazione di forze contribuì il collasso dell'esperimento sovietico in
Europa. Una nuova oligarchia finanziaria si impadronì dello Stato e dei partiti
politici, tanto di destra, che di sinistra. Il PRI (Messico), PS (Cile),
Partito Giustizialista (Argentina), PSDB (Brasile), PRD (Panama) ed altri,
assunsero il progetto neoliberale come soluzione unica ai problemi della
regione. Hanno gareggiato per il favore delle imprese e dei loro clienti
elettorali, nelle campagne elettorali.
Questo quadro venne sgretolato quando apparvero, sotto il vuoto creato dalla
vecchia 'sinistra' , il PT (Brasile), l'ala sinistra del Giustizialismo
(Argentina), la Nuovo República/PSUV (Venezuela), il Movimento Cittadino
(Ecuador) ed il Fronte Ampio (Uruguay).
In Centro America, i fronti militari di liberazione nazionale dei decenni 70 e
80 - FSLN e FMLN - arrivarono al potere mediante elezioni agli inizi del XXI
secolo.
I paesi dell'Alba riuscirono a mantenere, nonostante gli attacchi statunitensi,
un fronte comune, con molta autonomia. Invece, le altre sinistre al potere
dovettero negoziare con Washington per conservare gli spazi necessari per
continuare a governare.
Gli Stati Uniti non abbandonarono le loro tattiche golpiste. Nel 2007 toccò a
Mel Zelaya in Honduras ed allo stesso modo a Lugo nel 2012 in Paraguay. Nel
2002 organizzano un colpo militare-corporativo (frustrato) contro il presidente
Chávez in Venezuela. Da quella data gli Stati Uniti non hanno smesso di
destabilizzare e minacciare con interventi militari il governo venezuelano
presieduto da Nicolás Maduro.
I golpe militari statunitensi in America latina rappresentano cambiamenti
radicali nella correlazione di forze. Nel XX secolo ebbero tre assi. Il primo
fu nella prima metà di quel secolo, quando collassò il sistema capitalista
mondiale, con la recessione e gli USA vollero assicurare la loro dominazione.
Durante la Seconda guerra il mondiale manovrarono per conservare la regione
come fornitore di materie prime e beni industriali per lo sforzo bellico. Il
terzo momento fu conseguenza dell'ondata di movimenti di un proletariato
maturo, che scosse le fondamenta politiche della regione e fu soffocato
violentemente a partire dal decennio1960.
Gli Stati Uniti hanno anche fatto ricorso a omicidi per sbarazzarsi di leader
politici che minacciavano la loro egemonia: Gaitán in Colombia, Jaime Roldós in
Ecuador, Torrijos a Panama, Allende in Cile e probabilmente Chávez in
Venezuela.
L'egemonia culturale
Il consumismo è l'ideologia che riesce a mantenere la coesione sociale negli
Stati Uniti, in America latina e nel resto del mondo. Il consumismo è
l'ideologia del sistema capitalista, che gli permette di mantenere il controllo
sulla popolazione. Da una parte, il consumismo eguaglia tutti i membri della
società capitalista trasformandoli in aspiranti ad essere parti del mercato.
D'altra parte, il consumismo crea condizioni per promuovere la concorrenza tra
individui. Il risultato più completo del consumismo è la sua capacità di
eliminare le linee di classe, che sono la preoccupazione principale dei settori
dominanti.
Il consumismo ha due basi chiave affinché possa funzionare. Da una parte, i
lavoratori salariati. Senza questa classe di lavoratori, il consumismo si
riduce ad un piccolo circolo di redditieri e capitalisti. Il consumismo, nella
terminologia della classe dominante, produce una 'classe media'. Il consumatore
di merci, prodotte per i lavoratori salariati, è membro della 'classe media'.
Non importa da che settore della società provenga.
Inoltre, il consumismo richiede una poderosa macchina pubblicitaria che
divulghi quali sono le merci in offerta ed inoltre stimoli il consumo da parte
dei lavoratori. Il consumo deve superare l'entrata dei lavoratori, il salario,
per creare un'economia virtuale basata sul debito e la speculazione.
Gli Stati Uniti riuscirono a creare questa economia basata su strumenti
speculativi agli inizi del XX secolo. Consolidarono il modello nel periodo
successivo alla Seconda guerra mondiale (1945 -1975). A partire da quest'ultima
data iniziò la costruzione di un'economia virtuale mediante la subordinazione
del settore, produttivo, del capitalismo, al settore delle finanze,
speculativo.
Il mondo e l'America latina sono stati oggetto di un processo di finanziamento
delle proprie economie. Nel XIX secolo la penetrazione del capitalismo
nordamericano creò un mercato agro-minerario di enormi dimensioni.
Successivamente, nel XX secolo, mediante l'esportazione di tecnologia
industriale, il capitale nordamericano creò borghesie nazionali dipendenti ed
una classe operaia combattiva. Attualmente, il cosiddetto mercato 'virtuale'
del capitale finanziario nordamericano si è impadronito delle economie,
distruggendo la borghesia nazionale e debilitando la classe operaia.
La nuova fase di accumulazione capitalista deve conservare l'ideologia
consumistica per non perdere la sua egemonia culturale. Il consumismo ha invaso
tutti gli spazi della società latinoamericana: la famiglia, l'educazione, le
chiese, la comunità, i partiti politici e le altre istituzioni sociali.
Nell'attuale fase dello sviluppo capitalista, chi non consuma è espulso,
emarginato e virtualmente inesistente. Per esistere bisogna consumare. Consumo,
dopo sono. La mia identità si riferisce direttamente al mio status di
consumatore.
Gli USA controllano quasi tutte le molle del consumo di merci. Addirittura i
prodotti che si consumano possono essere 'prodotto nazionale' o 'made in Cina',
ma riproducono l'ideologia nordamericana e l 'American Way of Life.' Alla fine
del XX secolo l'ideologo Henry Kissinger si preoccupava della crescente
influenza del calcio europeo e del suo impatto sull'America latina ed il resto
del mondo. Dopo la crisi del 2008 ed il collasso del progetto europeo, starà
riposando più tranquillo.
Il modello cinese toglie un po' attualmente il sonno. Tuttavia, la Cina
pretende di sostituire gli Stati Uniti a lungo termine (XXII secolo?), non
pretende di presentare un'alternativa. Anche se con qualche carenza, il modello
sovietico del ventesimo secolo conteneva gli elementi ideologici di una
alternativa: il socialismo.
L'ideologia del socialismo si differenzia dal capitalismo in un aspetto
fondamentale: mentre l'ultimo si basa sul consumismo competitivo, il primo ha
come ideale la solidarietà. In teoria nel socialismo non vi è spazio alcuno per
l'accumulazione. Come conseguenza, è impossibile che sorga un modello
finanziario di società (speculativo).
La sudcoreana Samsung è l'impresa che più spende in pubblicità al mondo. Un
totale di 14 mila milioni di dollari. Nel 2013 le imprese capitaliste
statunitensi hanno speso 100 mila milioni di dollari in pubblicità. La
compagnia Procter & Gamble ha investito 5 mila milioni in quell'anno. Più
del 40 percento degli acquisti negli Stati Uniti si fa attraverso la
televisione (via cavo o altro).
La partecipazione statunitense nella pubblicità mondiale sta diminuendo.
Tuttavia, domina ancora -con un 33 percento del totale - il commercio della
pubblicità. La Cina che 20 anni fa arrivava appena all'uno percento, nel 2013
si posizionava vicino al 9 percento. L'America latina ha il 7 percento del
mercato pubblicitario. Il 40 per cento del bilancio totale di circa 40 miliardi
di dollari all'anno per la pubblicità in America Latina, è concentrata in
Brasile. La crescita delle spese di pubblicità in America latina è più rapida che
nel resto del mondo. Nel 2016 si calcola che si spenderanno solo 31 mila
milioni nella regione in internet, a differenza dei 17 mila milioni del 2011.
In televisione si passerebbe da 20 mila milioni a 30 mila milioni di dollari
nel 2016. Nei giornali stampati aumenterebbe da 8 mila milioni, a 10 mila
milioni di dollari.
L'economia reale mondiale produce quasi 30 milioni di milioni. L'investimento
in pubblicità rappresenta 30 mila milioni. Un 20 percento.
La forza militare
La congiuntura ci presenta un mondo capitalista agitato, con la potenza
egemonica agonizzante - ma dominante - ed una America latina insurrezionale.
Siamo di fronte a qualcosa di simile alla crisi che scosse il continente due
secoli fa, le cosidette guerre di liberazione (1808 -1825) o piuttosto un
ricrearsi della frattura sofferta dal continente con la perdita dei suoi
mercati imperiali nel XX secolo? La crisi di egemonia degli Stati Uniti prende
una parte importante dei dibattiti attuali. C'è chi, come il professore Nye
(dell'Università di Harvard ), discute e nega l'esistenza della crisi di
egemonia. E' un noto sostenitore della Scuola del Secolo americano (Bush,
Cheney e CIA). I conflitti che Nye vede nel mondo in questa congiuntura, sono
segni dell'egemonia nordamericana. Li interpreta come risultato del potere
militare nordamericano.
Potere militare, tuttavia, che ha lasciato esistere una base sociale capace di
riprodursi. Al suo posto pare che si formi e consolidi un altro asse egemonico
(euroasiatico) capace di riprodurre per un nuovo periodo il sistema capitalista
di accumulazione. Come nel passato, dovrà risolvere la crisi ambientale, la
crisi alimentare e la crisi energetica. Sarà capace di affrontare la sfida nei
primi decenni del presente secolo?
Nye non considera che ci sono problemi che deve affrontare la riproduzione del
capitalismo. Come consulente degli ultimi quattro presidenti, riduce la
questione al potere militare, alla produzione di armi e alla conquista di fonti
energetiche(per bloccare l'accesso libero dei concorrenti). Fonti che non sono
distribuite a caso - in gran parte - precisamente proprio in Medio Oriente,
Russia e Gran Caribe (Venezuela).
Gli Stati Uniti sono uno dei tre paesi al mondo che non ha ratificato la
Convenzione Interamericana contro la produzione ed il traffico illecito di armi
ed esplosivi. L'Accordo promuove la proibizione della manifattura illegale di
armi e lo scambio di informazione. L'Accordo fu firmato dal presidente Clinton
nel 1997, senza essere approvato dal Senato. Ugualmente non ratifica il
Trattato sul Commercio di Armi dell'ONU del 2013.
Nel Vertice delle Americhe del 2012, la stragrande maggioranza dei presidenti
ha proposto un approccio diverso alla Guerra alla droga. E' stato chiesto anche
agli USA di controllare le reti criminali, il traffico illegale di armi e
rinforzare le leggi contro il loro uso indiscriminato. Senza dubbio, la
pazienza dei paesi latinoamericani e la mancanza di credibilità da parte degli
USA stanno creando un ambiente ostile a Washington.
761 basi militari statunitensi nel mondo
Gli Stati Uniti mantengono truppe in più di 560 basi e altri siti, all'estero.
In totale 761 'luoghi' militari attivi in paesi stranieri. L'esercito
nordamericano con i suoi avamposti all'estero risulta avere sotto il suo
controllo circa 52 mila edifici e più di 38 mila elementi infrastrutturali
pesanti, come moli, banchine e giganteschi magazzini.
In America latina si contano 50 basi militari conosciute. Vediamo la lista.
Argentina: 2 basi
La base aerea e navale, nell'arcipelago di Malvinas, occupato colonialmente
dalla Gran Bretagna, Fortezza della NATO a Mount Pleasant, Isola Soledad, la
cui pista maggiore ha una lunghezza di 2.600 metri.
La base aerea, El ex gobernador de Tierra del Fuego, in località Tolhuin.
Nel febbraio 2012 diventò pubblica nella provincia del Chaco, l'installazione
di un Centro anti catastrofi ed aiuto umanitario, finanziato dal Comando Sud
USA. Funzionerebbe nell'Aeroporto Internazionale di Resistenza, capitale di
Chaco. Il Centro disporrebbe di un radar e di squadre di comunicazione che
abiliterebbero il posto a centro di controllo e spionaggio e che coprirebbe
quattro paesi del Cono Meridionale.
Aruba: 1 base
Base Aerea Reina Beatriz.
Bolivia: Non ha basi militari straniere. La
Costituzione politica dello Stato approvata durante il governo di Evo Morales
le proibisce espressamente.
Colombia: 8 basi USA
La base aerea di Apiay, nel Dipartimento del Meta;
La base aerea di Malambo, ubicata nell'area metropolitana di Barranquilla;
La base aerea di Palanquero, situata a Puerto Salgar, nel dipartimento
(provincia) di Cundinamarca che conta una pista di atterraggio di 3500 metri;
La base aerea di Tolemaida, in Melgar, Tolima, è il forte militare più grande
dell'America latina e ha un'importante forza di spiegamento rapido;
La base navale di Baia Malaga, nel Pacifico colombiano, vicino a Buenaventura;
La base navale di Cartagena, nella costa del Mar dei Caraibi.
Ad esse si aggiungono:
La base aerea di Tres Esquinas ubicata nel Dipartimento di Caquetá
La base aerea Larandia, nello stesso dipartimento.
Il porto di Turbo (molto vicino alla frontiera con Panama) usato per
l'approvvigionamento della IV Flotta.
Costa Rica: 2 basi USA
La base aerea e navale degli Stati Uniti in Liberia. Nel 2010 il Congresso
nazionale autorizzò lo sbarco di migliaia di soldati nordamericani in mezzo ad
un conflitto tra Costa Rica e Nicaragua.
La base navale località Caldera. Il vicecomandante dell'Esercito meridionale
nordamericano, Paul Trivelli, ha messo a conoscenza di un investimento di 15
milioni di dollari per una base navale che si costruirà nella località di
Caldera, provincia di Puntarenas. Lì funzionerà, inoltre, una scuola per
l'addestramento di ufficiali guardacoste.
Cuba: 1 base aerea e navale usurpata dagli
Stati Uniti, a Guantánamo
Curazao: 1 base aerea USA a Hato Rey
Cile: 1 base aerea e navale con autorizzazione
del governo di Sebastián Piñera venne installata nel Fuerte Aguayo, a Concón,
vicino a Valparaíso con la motivazione che era necessaria per "eseguire
operazioni di mantenimento della pace o di stabilità civile", come indica
l'ambasciata nordamericana. L'accordo insiste sulla logica che le Forze armate
devono intervenire in caso di conflitti sociali o di "instabilità
civile."
Ecuador: con la ritirata USA dalla Base di Manta
, non dovrebbero esserci basi militari straniere nel paese.
El Salvador: 1 base aerea a Comalapa, molto prossima
all'Aeroporto internazionale di San Salvator.
Guadalupe: 2 basi aeree e navali di Francia e NATO.
Guadalupe, nel mar dei Caraibi, è un dipartimento d'oltremare della Francia. A
Guadalupe, a 600 km al nord delle coste dell'America del Sud e a sudest della
Repubblica Dominicana, si trova il 41º Battaglione francese della Fanteria di
Marina, oltre ad aerei, elicotteri ed effettivi dell'Aviazione.
Guatemala: non ci sono informazioni su basi
militari straniere, ma sappiamo che si è estesa a questo paese la
militarizzazione delle azioni anti droga (Iniziativa Merida) che si sta
applicando in Messico, con una presenza costante di truppe statunitensi.
Guayana Francese: 3 basi.
In questo territorio (residuo coloniale francese in America del Sud) si
concentrano principalmente truppe a Cayena, San Juan de Maroni ed altri posti.
Ma la più importante è la Base aerospaziale francese a Kourou, ora gestita
dall'Agenzia Spaziale Europea. Le sue installazioni sono tra le più avanzate
del mondo nella funzione che svolge. È preparata per il lancio di satelliti con
obiettivi diversi. Il radar ubicato a Troubiran e la Base Aerospaziale
permettono l'osservazione ed il controllo di tutti i paesi della regione. Con
l'arrivo del satellite militare Galileo, la Francia conta in Guayana 40.000
barbouzes (agenti non ufficiali), pensionati in attività sotto il comando dello
Stato maggiore delle forze armate e dei servizi di intelligenza distaccati in
Guayana, capaci di intervenire contro gli indipendentisti guyanesi.
Haiti: 1 base aerea e navale. Oltre alla
presenza, dal 2004, della MINUSTAH, si registra una presenza di truppe USA il
cui numero non si è potuto determinare, così come l'attracco di imbarcazioni
della IV Flotta. Dall'invasione di più di 20.000 effettivi, con la motivazione
del terremoto del gennaio 2010, organizzazioni di Haiti denunciano che le
truppe sono rimaste e che tutto il loro territorio può essere considerato una
grande base militare straniera.
Honduras: 3 basi
base aerea statunitense Soto Cano, a Palmerola con una pista di 2.600 metri;
base aerea, a Puerto Lempira, sulla laguna Caratasca, nel Dipartimento Gracias
a Dios, prossimo alla costa del Mar dei Caraibi;
base aerea in Guanaja, Dipartimento Islas de la Bahía , nei Caraibi.
Martinica: 2 basi NATO francesi
Il caso della Martinica è simile a quello di Guadalupe, con almeno due basi
francesi (NATO). Sul posto, l'Esercito francese conta di 1.000 effettivi
permanenti, includendo il 33º Reggimento di Fanteria con sede nella capitale
Fort de France. Lì inoltre si trova posizionata la Marina da Guerra con 500
effettivi e le squadre necessarie. Il paese è una base di appoggio di enorme
importanza per la vigilanza, l'intelligence e gli interventi militari nella
regione, (insieme a Guadalupe, la Martinica è servita come sosta durante la
Guerra delle Malvinas e l'invasione di Granada; inoltre, Francia ed USA
organizzano regolarmente manovre militari unitarie.
Messico: 2 basi
La militarizzazione della lotta anti droga con l'intervento diretto degli Stati
Uniti, ha lasciato negli ultimi anni in questo paese decine di migliaia di
morti.
L'Iniziativa Merida, firmata nel 2008 dai presidenti Bush e Calderón, implica,
secondo gli accordi firmati, l'addestramento delle forze militari messicane da
parte USA, la vendita di armi e la strategia militare necessarie per il
controllo dello Stato. Col sorvolo su tutto il territorio di aerei spia senza
pilota e l'ingerenza di truppe di Washington nella sicurezza interna del paese.
A maggio 2011 la nascita di due basi militari alla frontiera con il Guatemala.
Queste due nuove basi militari sono situate a Chiquimosuelo e Jiquipilas, per
raccomandazione della DEA. Questo va sommato ai quattordici mila militari già
esistenti in Chiapas. La Difesa Nazionale assicura che il Messico è
"occupato" dagli organismi di sicurezza statunitensi.
Panama: 12 basi Aeronavali in entrambe le
coste.
Sul Pacifico:
1) base aerea e navale Isla de Chapera
2) base aerea e navale Bahía o Puerto Piña a Darién
3) base aerea e navale Quebrada de Piedra a Chiriquí
4) base aerea e navale Rambala, a Bocas del Toro
5) base aerea e navale Punta Coco, a el Archipiélago de las Perlas;
6) base aerea e navale Isla Galera;
7) base aerea e navale Mensabé, a Los Santos;
8) Isla de Coiba, a Veraguas.
Sui Caraibi:
9) base aerea e navale e Sherman, a Colón
10) base aerea e navale El Porvenir, a Kuna Yala
11) base aerea e navale Puerto Obaldía, a Kuna Yala
12) base aerea e navale San Vicente, a Metetí, Prov. de Darién, vicino alla
frontiera con la Colombia.
Oltre alle 12 basi elencate, sono previste altre basi militari (rispetto alle
quali abbiamo bisogno di ulteriori informazioni) a: La Palma (Pacífico), provincia
di Darién; Isla Grande (Caribe), provincia di Colón; Yaviza, provincia di
Darién e Estación Naval Rodman (Pacífico) all'imbocco del Canale di Panamá.
Paraguay: 2 basi aeree
base aerea En Mariscal Estigarribia, nel Chaco paraguaiano, con infrastrutture
per ospitare varie migliaia di soldati ed una pista di 3.800 metri di
lunghezza.
base aerea a Pedro Juan Caballero (Base della DEA statunitense) sulla frontiera
col Brasile.
Perù: 3 basi aeree e navali
tre basi militari USA
base aerea Iquitos,
base aerea Nanay e Santa Lucía. Su questa ultima ubicata sul Río Huallaga (Alto
Huallaga), mancano dettagli ed informazioni recenti.
Base Navale. Il governo peruviano ha autorizzato gli USA all'uso di porti per
l'approvvigionamento della IV Flotta nelle vicinanze del porto di El Callao.
D'altra parte, in virtù degli accordi tra il Governo peruviano e gli Stati
Uniti, a partire dal 2006 entrambi gli Stati hanno incrementato le loro azioni
di cooperazione militare, nell'intendimento comune che il
"narcoterrorismo" costituisse una "minaccia asimmetrica"
che giustificherebbe l'assistenza militare degli Stati Uniti "senza
condizioni."
Repubblica Dominicana: 1 base
base navale patrocinata dal governo USA nell'isola di Saona, nell'estremo
sudest del paese.
Porto Rico
Porto Rico è considerato dagli USA come un "Stato Libero Associato."
L'isola fu occupata militarmente nel 1898 come bottino di guerra, dopo
l'indipendenza di Cuba.
(Fonte: Guillermo Saavedra)
Interventi militari più recenti degli Stati Uniti in
America latina (2015)
Indipendentemente dalla politica contraria agli interessi di tutti i paesi
della regione, gli Stati Uniti continuano a intervenire militarmente. Nel 2015
hanno aumentato la presenza militare in Honduras, Perù e Messico.
Honduras: Appena una settimana fa, il 1º aprile,
la base militare di Palmerola che opera per gli Stati Uniti in Honduras, ha
ricevuto una nuova unità chiamata Task Force for Special Purposes ("Forza
Speciale per obiettivi speciali"). Secondo il sito defensa.com, conterà su
250 uomini effettivi, almeno quattro elicotteri pesanti, un moderno catamarano
ad alta velocità ed altri mezzi ed armi. La stessa pubblicazione aggiunge che
la forza si userà per missioni,in collaborazione con paesi dell'area, di
assistenza umanitaria ed operazioni antidroga.
L 'unità speciale' sarà pronta per entrare in azione nella regione tra giugno e
novembre 2015. La base di Palmerola - a 86 chilometri della capitale onduregna
di Tegucigalpa - è considerata una delle più importanti degli Stati Uniti nella
regione ed ospita circa 500 soldati nordamericani in modo permanente. La nuova
'task force ' fa parte della rete che coordina il Comando Sud degli Stati
Uniti, la cui sede sta nel sud della Florida. La vigilia del dispiegamento del
nuovo contingente USA in Honduras, il segretario generale dell'Unione delle
Nazioni Sudamericane, Ernesto Samper, propose di eliminare le basi militari di
quel paese nella regione. Le qualificò come residui dell'epoca "della
Guerra Fredda."
Perù: Washington incrementerà il contingente
militare di 3.200 soldati. Secondo dichiarazioni ufficiali, l'aumento servirà
per migliorare la lotta unitaria coi soldati della Marina peruviana contro gli
insorti ed i narcotrafficanti, informa Defensa.com. L'informazione del
Dipartimento della Difesa statunitense dice che "le forze peruviane si
confrontano regolarmente col gruppo guerrigliero Sendero Luminoso e Lima ha
manifestato di voler chiedere almeno 2.500 effettivi per raddoppiare la
presenza della polizia nelle zone meno accessibili".
Secondo il ricercatore principale dell'Istituto del Perù, Miguel Santillana,
l'iniziativa USA si basa sul proprio interesse di conservare la presenza
militare in Sud America, a spese del popolo peruviano. "I nordamericani
hanno una presenza in Perù come in qualunque paese dell'America Latina, perché
sentono che siamo la loro zona di influenza. Essi si sentono in diritto di
avere presenza ufficiale e non ufficiale sul nostro territorio", ha detto
Santillana a Russia Today. Il congresso peruviano ha autorizzato l'entrata di
truppe straniere nel territorio nazionale il 29 gennaio 2015. Le truppe
nordamericane sono arrivate in Perù in tre tappe. Il primo contingente,
composto da 58 soldati, è sbarcato in territorio peruviano il 1º febbraio, due
giorni dopo avere ricevuto il permesso dal Congresso. Il secondo, formato da 67
soldati, è arrivato il 15 marzo. Il terzo contingente, in totale 3.200 soldati
nordamericani, arriverà il 1º settembre 2015.
Messico: Agli inizi del 2015 il Messico annunciò
che avrebbe comprato aeronavi e veicoli militari USA, per un importo di 1.441
milioni di dollari, il che rappresenta la quinta parte del bilancio annuale
della difesa messicana. La vendita di veicoli ed aeronavi autorizzata dal
Dipartimento di Stato, include 3.335 fuoristrada Humvee, ad un costo di 556
milioni di dollari. Si tratta quasi dello stesso numero di veicoli che
l'Afghanistan acquistò nel 2011. Inoltre, si è autorizzato l'acquisto di 23
elicotteri Blackhawk per un importo di 905 milioni di dollari, così come
l'acquisto di un lotto di aerei da addestramento Beechcraft T-6C Texan per un
importo di 480 milioni di dollari, segnala l'Agenzia per la Cooperazione alla
Difesa della Sicurezza del Pentagono. Per l'importo degli acquisti, il Messico
si situa al primo posto in America Latina e Caraibi tra coloro che realizzano
acquisti militari dagli Stati Uniti, secondo informazione dell'Agenzia e della
Security Assistance Monitor.
Vendite di armi USA all'America latina 2005-2010
Tra il 2005 e il 2010 la vendita di armi è quasi raddoppiata. Nel 2005 gli
Stati Uniti vendevano ai paesi della regione mille milioni di dollari di armi.
Nel 2010 la somma arrivò a 1,7 mila milioni di dollari. Nel periodo indicato,
hanno venduto per un totale di 9,2 mila milioni di dollari all'America Latina.
Cifre ufficiose vedono le vendite di armi statunitensi ai paesi latinoamericani
tra il 2011 e il 2014 aumentate di altri 15 mila milioni.
Vendite di armi USA all'America latina 2005-2010
(in dollari)
2005 1,071,212,054
2006 1,435,276,238
2007 1,194,534,296
2008 1,921,083,254
2009 1,898,858,064
2010 1,726,581,395
totale 9,247,545,301
Il Messico ha comprato 3,2 mila milioni di dollari in armi solo tra il 2005 e
il 2010. Lo ha seguito la Colombia, con 2 mila milioni. I due paesi
rappresentano la metà di tutte le vendite USA nella regione latinoamericana.
Secondo in importanza, segue il Cile (1,2 milioni) e il Brasile (mille milioni
di dollari). Per completare i dieci paesi con più armi vendute dagli Stati
uniti nella regione latinoamericana, ricordiamo l'Argentina (340 milioni), il
Perù (260 milioni), la Rep. Dominicana (150 milioni), Costa Rica (88 milioni),
Panama (65,8 milioni) e Venezuela (65,2 milioni). Costa Rica e Panama non
possiedono eserciti, secondo le loro rispettive Costituzioni.
America Latina y EEUU: Una relacion
asimetrica
* Marco A. Gandásegui, figlio
Professore di Sociologia dell'Università di Panama e ricercatore associato del
CELA (Centro de Estudios Latinoamericanos)
Las relaciones entre América latina y EEUU están en una fase de cambios muy
rápidos. A diferencia de las relaciones entre las dos regiones que marcaron
gran parte de los siglos XIX y XX, todo indica que lo que caracterizará el
presente siglo tendrá un signo diferente. Entre 1800 hasta fines del siglo
pasado, el rol de EEUU en la región latinoamericana fue ascendente. Durante
esos dos siglos, EEUU se apropió de enormes territorios, invirtió en empresas
agro extractivas con enormes ventajas, formó sólidas alianzas con las
oligarquías que se afianzaron en el poder local después de las guerras de
independencia y sembró sus bases militares a lo largo del continente.
El avance norteamericano sobre el continente experimentó interrupciones
puntuales en ese período de dos siglos. El más significativo, sin duda, fue la
Revolución cubana que no sólo cuestionó el poder económico y político de
Washington sobre la isla. También retó la hegemonía cultural y reivindicó la
dignidad no sólo de Cuba sino de todo el continente. Otras experiencias como la
Revolución mexicana, la Unidad Popular chilena o el Justicialismo argentino –
entre otras - fueron chispazos que con el tiempo fueron aplastados por la
fuerza militar de EEUU.
Sin embargo, desde 1990 América latina ha comenzado a vivir un nuevo
período en que está cuestionando la hegemonía de EEUU de manera creciente. La
Revolución bolivariana de Venezuela, la revolución ciudadana en Ecuador, el
Estado multicultural de Bolivia se han unido a Cuba para formar una sólida
Alianza que pueda enfrentar a Washington: el ALBA. Este núcleo de países han
encontrado gobiernos amigos en Nicaragua, Argentina, Uruguay y Brasil que han
constituido un bloque histórico que logra frenar las ambiciones desmedidas de
despojo económico de EEUU en la región.
Quizás el momento estelar de la nueva correlación de fuerzas se produjo en
2005 con motivo de la Cumbre de las Américas celebrada en Mar del Plata cuando
bajo el liderazgo del presidente venezolano, Hugo Chávez, América latina
derrotó el proyecto ALCA concebido por Washington. EEUU se percató del cambio
en la correlación de fuerzas y comenzó a desarrollar una alternativa para
enfrentar el bloque latinoamericano que se estaba consolidando.
EEUU está perdiendo sus ventajas económicas en la región. No es el gran
extractor e importador de materias primas de América latina. Tampoco es el gran
exportador de maquinaria y tecnología. Como consecuencia, está perdiendo su
influencia política y muchos gobiernos de la región están buscando soluciones
más de acuerdo con sus intereses. Por el lado cultural, EEUU aún conserva su
hegemonía ideológica sobre la base de su control sobre instituciones claves en
la reproducción de las creencias básicas de la gente. Por último, EEUU mantiene
su dominación militar, representada en un rosario de bases militares en toda la
región, y en la venta de armas.
Vamos a ver a continuación en qué consistió la estrategia de Washington en
la década entre 2005 y 2015 para conservar su dominio en el hemisferio. En
primer lugar, examinaremos los cambios que ha experimentado la economía
norteamericana y su relación con América latina. En segundo lugar, buscaremos
las claves que expliquen los cambios políticos que caracterizan en la
actualidad las relaciones entre las dos regiones. En tercer lugar, se verá como
se ha resquebrado parcialmente la hegemonía cultural construida durante un siglo
y medio por parte de EEUU. Por último, ante la situación cambiante en lo
económico y político, Washington ha recurrido al arma que aún sigue siendo su
as: la carta militar.
La acumulación
capitalista
EEUU somete a principios del siglo XIX a los países del Gran Caribe a una
política de explotación agro-extractiva que se extiende al resto de la región
antes de que termine el siglo. A partir de 1930 impone su política de
industrialización mediante la sustitución de importaciones, para lo cual se
convierte en el principal exportador de tecnología. El colapso del modelo
produce una crisis profunda en la economía de EEUU que la transforma en una
máquina especializada en despojar a los países de la región de sus riquezas. En
el horizonte emerge China con su política para reemplazar a EEUU como
‘comprador’ agro-minero.
Desde finales de la guerra civil norteamericana (1860-1865) hasta fines del
siglo XX, el crecimiento económico de EEUU fue constante y espectacular. Se
pueden considerar las grandes recesiones capitalistas de 1870 y 1929,
respectivamente, como crisis de reacomodo de la forma de acumulación. De una
pequeña potencia en aquella época hace siglo y medio, se convirtió en la
potencia capitalista hegemónica en el siglo XX.
Este salto lo dio sobre la base de la explotación de una masa laboral
concentrada en un país continental que logró subyugar el resto del mundo que le
proporcionaba materias primas y la mano de obra que requería su crecimiento
industrial. Al mismo tiempo, logró construir un imperio financiero que tenía
tentáculos en todos los continentes.
Para acumular las riquezas generadas por una creciente clase obrera, EEUU
se lanzó en primera instancia – siglo XIX - a la conquista de México y el Gran
Caribe. Los territorios mexicanos anexados a la Unión y las riquezas mineras
del país azteca alimento la industria norteamericana. El Caribe y Centro
América fueron generosos en proporcionar alimentos para los trabajadores
industriales del norte. Al mismo tiempo, Panamá abrió su angosto istmo para que
el pujante ‘Este’ norteamericano se uniera al ‘Oeste’.
La industrialización norteamericana parecía incansable e insaciable. EEUU
no sólo se apropió de los recursos naturales y riquezas, también neutralizó y
destruyó todo esfuerzo por las clases productivas de los países de México y el
Caribe para impulsar su propio desarrollo y surgir como competidores. En el
caso de Sur América, EEUU actuó de la misma manera, desplazando las incursiones
primitivas de Gran Bretaña. En unas pocas décadas logró adueñarse de las
materias primas de la región y sometió a todos los países a su sistema
financiero.
Los grandes industriales norteamericanos invertían en América latina, con
financiamiento de Wall Street y con la intervención militar del gobierno
asentado en Washington. Mientras EEUU acumulaba sobre la base de la explotación
de los obreros norteamericanos y la súper-explotación de los trabajadores
latinoamericanos, los países de la región se hacían más dependientes. La
dialéctica generaba cada vez más riqueza en un polo y más pobreza en el otro.
La Revolución cubana en 1959 fue el primer signo de rebelión frente a esta
lógica perversa. Como castigo, EEUU bloqueo el acceso de la economía cubana al
merado mundial. La política neo-liberal (financiación de la economía
norteamericana) a partir de la década de 1970 tuvo efectos desastrosos para
América latina. La llamada ‘década perdida’ de 1980 golpeó a la región que
intentaba acomodarse sin éxito a los cambios de modelo de acumulación de EEUU.
En la década de 1990 la nueva política neoliberal le dio oxígeno a las
economías capitalitas latinoamericanas iniciando un proceso de traspaso de
riquezas de los trabajadores (90 por ciento de la población) a una pequeña
minoría formada por las oligarquías y sus socios.
El modelo sustentado sobre la flexibilización del trabajo, la desregulación
y la privatización logró producir un ‘boom’ que duró cinco años, en algunos
casos diez. Sin embargo, rapidamente se desinflaron y provocaron reflujos en
todos los países. Donde más se sintió el latigazo fue en países como Argentina,
Bolivia, Brasil, Ecuador y Venezuela. Gobiernos populistas (alianzas
obrero-burguesas) llegaron al poder y descubrieron que EEUU no representaba una
salida para la crisis económica que habían heredado de los neoliberales.
Al mismo tiempo, a finales de la década de 1990 y principios de la primera
década del siglo XXI, comenzó a emerger con inusitada fuerza la economía de
China. Por una serie de circunstancias, logró generar un crecimiento industrial
pocas veces vista en el pasado capitalista. Igual que Gran Bretaña, EEUU,
Alemania y Japón, en su momento, China estaba hambrienta de materias primas
para alimentar sus industrias y sus trabajadores. En América latina encontró
una región dispuesta a iniciar un intercambio que beneficiaría a ambos
extremos. A cambio de materias primas, China enviaba a los exportadores dólares
norteamericanos.
Las oligarquías latinoamericanas continuaron acumulando sobre la base de la
dialéctica de la dependencia. Sin embargo, los gobiernos ‘populistas’
comprendieron que tenían que generar programas de ayuda a los sectores más
empobrecidos para contener las protestas.
La dominación
política
Políticamente, EEUU ha perdido gran parte de su capacidad de maniobra
frente a los pueblos latinoamericanos. Sus aliados oligarcas, con pocas
excepciones, se han vuelto cargas que no tienen la voluntad de encabezar una
lucha contra los pueblos. Los países del ALBA, expresiones como CELAC y las
derrotas que sufre EEUU en sus guerras en Colombia y México son ejemplos de la
pérdida de hegemonía. En el caso de Venezuela plantea como única salida la
desestabilización, la ‘guerra suave’ y finalmente el golpe de Estado militar.
EEUU logró someter a los países de la región latinoamericana sobre la base
de una estrategia que ponía a un sector de la oligarquía a luchar contra la
otra. Cuando era conveniente a sus intereses movilizaba a las fuerzas
populares: artesanos, campesinos, obreros y/o capas medias. Los conservadores
con la Iglesia católica como aliada se enfrentaba a los liberales y sus cuadros
masones, mientras que EEUU consolidaba posiciones dentro de la estructura
política. Cuando Washington le daba prioridad a sus intereses mineros se aliaba
a los liberales enemigos de los terratenientes conservadores.
Bolívar en 1825 anunció las intenciones de EEUU en la Carta de Jamaica. Un
año más tarde fue enfático en sus discusiones con Santander sobre la
inconveniencia de invitar a Washington al Congreso Anfictiónico que se celebró
en la ciudad de Panamá.
En 1888 Washington convocó a una reunión ‘Panamericana’ para allanar el
camino que le permitiera convertirse en eje comercial en toda la región.
Después de la segunda guerra mundial sometió a todos los países (no sin algunas
protestas) a los dictados de la Organización de Estados Americanos (OEA). Para
asegurar su hegemonía política en el mundo – particularmente en América latina
– levantó como amenaza a la Unión Soviética. Mediante esta estrategia, junto
con sus aliados oligárquicos en la región, organizó un sistema político que le
permitió reprimir y subordinar a los trabajadores – especialmente los obreros y
campesinos – para súper explotarlos.
La resistencia a los planes de dominación norteamericana por parte de los
pueblos latinoamericanos obligó a EEUU a imponer dictaduras militares para
continuar extrayendo ganancias extraordinarias de la región. Cuba fue el único
país latinoamericano en el siglo XX que logró liberarse del yugo político de
las grandes corporaciones norteamericanas y los militares locales.
La crisis del capitalismo norteamericano y el modelo neoliberal a fines del
siglo XX produjo un cambio en el ordenamiento político. A la nueva correlación
de fuerzas contribuyó el colapso del experimento soviético en Europa. Una nueva
oligarquía financiera se apoderó del Estado y de los partidos políticos, tanto
de derecha como los de izquierda. El PRI (México), PS (Chile), Justicialista
(Argentina), PSDB (Brasil), PRD (Panamá) y otros asumieron el proyecto
neoliberal como solución única a los problemas de la región. Compitieron por el
favor de las corporaciones y sus clientes electorales en las campañas
electorales.
Este cuadro fue resquebrajado cuando aparecieron, en el marco del vació
creado por la vieja ‘izquierda’, el PT (Brasil), el ala izquierda del
Justicialismo (Argentina), la Nueva República/PSUV (Venezuela), el Movimiento
Ciudadano (Ecuador) y el Frente Amplio (Uruguay). En Centro América, los
frentes militares de liberación nacional de las décadas de 1970 y 1980 - FSLN y
FMLN - llegaron al poder mediante elecciones a principios del siglo XXI.
Los países del ALBA logran mantener, a pesar de los ataques de EEUU, un
frente común, con mucha autonomía. En cambio, las otras izquierdas en el poder
tuvieron que negociar con Washington para conservar los espacios necesarios
para seguir gobernando.
EEUU no abandonó sus tácticas golpistas. En 2007 derrocó a Mel Zelaya en
Honduras e igual a Lugo en 2012 en Paraguay. En 2002 organiza un golpe
militar-corporativo que es frustrado contra el presidente Chávez en Venezuela.
Desde aquella fecha EEUU no ha dejado de desestabilizar y amenazar con
intervenciones militares al gobierno venezolano, presidido por Nicolás Maduro.
Los golpes militares de EEUU en América latina representan cambios
radicales en la correlación de fuerzas. En el siglo XX tuvieron tres ejes. El
primero fue en la primera mitad de ese siglo, cuando colapsó el sistema
capitalista mundial (la recesión) y EEUU quiso asegurar su dominación. Durante
la segunda guerra mundial EEUU maniobró para conservar a la región como
proveedora de materias primas y bienes industriales para el esfuerzo bélico. El
tercer momento fue consecuencia de la ola de movimientos de un proletariado
maduro que sacudieron los cimientos políticos de la región y fueron reprimidos
violentamente a partir de la década de 1960.
EEUU también ha recurrido a los magnicidios para deshacerse de líderes
políticos que ponían en peligro su hegemonía: Gaitán en Colombia, Jaime Roldós
en Ecuador, Torrijos en Panamá, Allende en Chile y probablemente Chávez en
Venezuela.
La hegemonía
cultural
El consumismo es la ideología que logra mantener la cohesión social en
EEUU, América latina y en el resto del mundo. El consumismo es la ideología del
sistema capitalista que le permite mantener su control sobre la población. Por
un lado, el consumismo iguala a todos los miembros de la sociedad capitalista
convirtiéndolos en aspirantes a ser partes del mercado. Por otro lado, el
consumismo crea condiciones para promover la competencia entre los individuos. El
logro más acabado del consumismo es su capacidad para borrar las líneas
clasistas que son la preocupación principal de los sectores dominantes.
El consumismo tiene dos bases claves para que pueda funcionar. Por un lado,
los trabajadores asalariados. Sin esta clase de trabajadores, el consumismo se
reduce a un pequeño círculo de rentistas y capitalistas. El consumismo, en la
terminología de la clase dominante, produce una ‘clase media’. El consumidor de
mercancías (producidas por trabajadores asalariados) es miembro de la ‘clase
media’. No importa de qué sector de la sociedad provenga.
Por el otro, el consumismo requiere de una poderosa máquina publicitaria
que divulgue cuales son las mercancías en oferta y, además, que estimule el
consumo por parte de los trabajadores. El consumo debe superar el ingreso de
los trabajadores (salario) para crear una economía virtual basada en la deuda y
la especulación.
EEUU logró crear esta economía basada en instrumentos especulativos a
principios del siglo XX. Consolidó el modelo en el período posterior a la
segunda guerra mundial (1945-1975). A partir de esta última fecha, inició la
construcción de una economía virtual mediante la subordinación del sector
productivo del capitalismo al sector de las finanzas (especulativo).
El mundo y América latina ha sido objeto de un proceso de financiación de
sus economías. En el siglo XIX la penetración del capitalismo
norteamericano creó un mercado agro-minero de enormes dimensiones.
Posteriormente, en el siglo XX, mediante la exportación de tecnología
industrial el capital norteamericano creó burguesías nacionales dependientes y
una clase obrera combativa. En la actualidad, el llamado mercado ‘virtual’ de
un capital norteamericano financiero se ha apoderado de las economías
destruyendo la burguesía nacional y debilitando la clase obrera.
La nueva fase de la acumulación capitalista necesita conservar la ideología
consumista para no perder su hegemonía cultural. El consumismo ha invadido
todos los espacios de la sociedad latinoamericana: La familia, la educación,
las iglesias, la comunidad, los partidos políticos y las demás instituciones
sociales. En la actual fase del desarrollo capitalista, quienes no consumen son
expulsados, marginados y virtualmente desaparecidos. Para existir hay que
consumir. Consumo, luego soy. Mi identidad se relaciona directamente a mi
status de consumidor.
EEUU controla casi todos los resortes del consumo de mercancías. Incluso,
los productos que se consumen pueden ser ‘producto nacional’ o ‘Made in
China’, pero reproduce la ideología norteamericana y el ‘American Way of
Life’. A fines del siglo XX, el ideólogo Henry Kissinger se preocupaba de
la creciente influencia del Fútbol europeo y su impacto sobre América latina y
el resto del mundo. Después de la crisis de 2008 y el colapso del proyecto
europeo estará descansando más tranquilo.
El modelo chino le quita un poco más de sueño en la actualidad. Sin
embargo, China pretende sustituir a EEUU a largo plazo (¿siglo XXII?) no
pretende presentar una alternativa. A pesar de los defectos del modelo
soviético del siglo XX, contenía los elementos ideológicos de una alternativa:
el socialismo.
La ideología del socialismo se diferencia del capitalismo en un aspecto
fundamental: Mientras que el último se basa en el consumismo competitivo, el
primero tiene como ideal la solidaridad. En teoría en el socialismo no hay
espacio alguno para la acumulación. Como consecuencia, es imposible que surja
un modelo financista de sociedad (especulación).
La surcoreana Samsung es la empresa que más gasta en publicidad en el
mundo. Un total de 14 mil millones de dólares. En 2013 las empresas
capitalistas de EEUU gastaron 100 mil millones de dólares en publicidad. La
compañía Procter & Gamble invirtió 5 mil millones en ese año. Más del 40
por ciento de lo gastado en EEUU se hace a través de la televisión (cable, al
aire y otras).
La participación de EEUU en la publicidad global está disminuyendo. Sin
embargo, aún domina - con un 33 por ciento del total - el negocio de la
publicidad. China que hace 20 años apenas llegaba al uno por ciento, en 2013
representaba cerca del 9 por ciento. América latina tiene el 7 por ciento del
mercado publicitario. El 40 por ciento del presupuesto total de cerca de 40 mil
millones de dólares anuales en publicidad en América latina se concentra en
Brasil. El crecimiento de los gastos en publicidad en América latina es más
rápido que en el resto del mundo. En 2016 se calcula que se gastarán 31 mil
millones en la región sólo en internet, comparado a 17 mil millones en 2011. En
televisión pasaría de 20 mil millones a 30 mil millones de dólares en 2016. En
los periódicos impresos, aumentaría de 8 mil millones a 10 mil millones de
dólares.
La economía real mundial produce cerca de xxx millones de millones. La
inversión en publicidad representa xxx mil millones. Un xx por ciento.
La fuerza
militar
La coyuntura nos presenta un mundo capitalista convulsionado, con la
potencia hegemónica agonizando - pero dominante - y una América latina
insurreccional. ¿Estamos frente a algo parecido a la crisis que sacudió el
continente hace dos siglos, las llamadas guerras de liberación (1808-1825) o
más bien una recreación de la fractura que sufrió la región al perder sus
mercados imperiales en el siglo XX?
La crisis de hegemonía de EEUU consume parte importante de los debates
actuales. Hay quienes como el profesor Nye (de la Universidad de Harvard) quien
cuestiona y niega la existencia de la crisis de hegemonía. Es un destacado
autor de la Escuela del Siglo Americano (Bush, Cheney y CIA).
Los conflictos que Nye ve en el mundo en esta coyuntura son signos de la
hegemonía norteamericana. Los interpreta como resultado del poderío militar
norteamericano.
Poderío militar, sin embargo, que ha dejado de tener una base social capaz
de reproducirse. En su lugar pareciera que se forma y consolida otro eje
hegemónico (euroasiático) capaz de reproducir por un nuevo período el sistema
capitalista de acumulación. Al igual que en el pasado, tendrá que resolver la
crisis ambiental, la crisis alimentaria y la crisis energética. ¿Tendrá
capacidad para enfrentar el reto en las primeras décadas del presente siglo?
Nye no considera que son problemas que debe enfrentar la reproducción del
capitalismo. Como asesor de los últimos cuatro presidentes de EEUU,
reduce la cuestión al poderío militar, a la producción de armas y a la
conquista de fuentes energéticas (para bloquear su libre acceso por parte de
sus competidores). Fuentes que no están distribuidas por azar - en gran parte -
precisamente en el Medio Oriente, Rusia y el Gran Caribe (Venezuela).
EEUU es uno de sólo tres países en el mundo que no han ratificado la
Convención Interamericana contra la producción y el tráfico ilícito de armas de
fuego y explosivos. El Convenio promueve la prohibición de la manufactura
illegal de armas y el intercambio de información. El Convenio fue firmado por
el president Clinton en 1997 sin ser aprobado por el Senado de ese país.
Igualmente, EEUU aun no ratifica el Tratado sobre el Comercio de Armas de la
ONU de 2013.
En la Cumbre de las Américas de 2012, la gran mayoría de los presidentes
plantearon un enfoque distinto a la Guerra contra las drogas. También le
pidieron a EEUU que controlara las redes criminales, el tráfico ilegal de armas
y reforzar sus leyes contra el uso indiscriminado de armas. Sin duda, la
paciencia de los países latinoamericanos y la falta de credibilidad por parte
de EEUU están creando un ambiente contrario a Washington.
761 bases militares de EEUU en el mundo
EEUU mantiene tropas en más de 560 bases y otros sitios en el exterior. En
total tiene 761 'lugares' militares activos en países extranjeros. En los
recuentos del ejército norteamericano de los puestos de avanzada en el
exterior, tiene bajo su control unos 52 mil edificios y más de 38 mil elementos
de infraestructuras pesadas como muelles, embarcaderos y gigantescos almacenes.
En América latina cuenta con 50 bases militares conocidas.
Veamos la lista
Argentina: 2 Bases
La base Aérea y Naval, en el archipiélago de Malvinas ocupado
colonialmente por Gran Bretaña, la Fortaleza de la OTAN en Mount Pleasant, Isla
Soledad, cuya pista mayor tiene una longitud de 2.600 metros.
La base Aérea, El ex gobernador de Tierra del Fuego, en la localidad de
Tolhuin.
En febrero de 2012 se hizo pública en la provincia del Chaco, la
instalación de un Centro Anti catástrofes y Ayuda Humanitaria, financiado por
el Comando Sur de EEUU. Funcionaría en el Aeropuerto Internacional de Resistencia,
capital de Chaco. El Centro dispondría de un radar y equipos de comunicación
que habilitaría el lugar como un centro de control y espionaje que cubriría
cuatro países del Cono Sur.
Aruba: 1 Base
Base aérea Reina Beatriz.
Bolivia: No hay bases militares extranjeras. La Constitución Política del
Estado aprobada durante el gobierno de Evo Morales lo prohíbe expresamente.
Colombia: 8 Bases EEUU
La base Aérea de Apiay, en el Departamento del Meta;
La base Aérea de Malambo, ubicada en el área metropolitana de Barranquilla;
La base Aérea de Palanquero, situada en Puerto Salgar, en el
departamento (provincia) de Cundinamarca, que cuenta con una pista de
aterrizaje de 3500 metros;
La base Aérea de Tolemaida, en Melgar, Tolima, es el fuerte militar mas
grande de Latinoamérica y tiene una importante fuerza de despliegue rápido;
La base Naval de Bahía Málaga, en el Pacifico colombiano, cerca de
Buenaventura;
La base Naval de Cartagena, en la costa del mar Caribe.
A ellas se suman:
La Base aérea de Tres Esquinas ubicada en el Departamento de Caquetá.
La base Aérea Larandia, en el mismo Departamento.
El puerto de Turbo (muy cercano a la frontera con Panamá) se utiliza para
el aprovisionamiento de la IV Flota.
Costa Rica: 2 Bases EEUU
La base Aérea y Naval de EEUU en Liberia. En 2010 el Congreso nacional
autorizó el desembarco de miles de soldados norteamericanos en medio de un
conflicto entre Costa Rica y Nicaragua.
La base Naval localidad en Caldera. El subcomandante del Ejército Sur
norteamericano, Paul Trivelli, informó sobre la inversión de 15 millones de
dólares en una base naval que se construyó en la localidad de Caldera,
provincia de Puntarenas. Allí funcionará, además, una escuela para el
adiestramiento de oficiales de guardacostas.
Cuba: 1 La base Aérea y Naval usurpada por EEUU en Guantánamo
Curazao: 1 base Aérea de EEUU Hato Rey
Chile: 1 base Aérea y Naval con autorización del gobierno de Sebastián
Piñera se instaló en el Fuerte Aguayo, en Concón, cerca de Valparaíso, una base
militar de EEUU. Bajo la denominación de que sirve para “ejecutar operaciones
de mantención de la paz o de estabilidad civil”, según indica la Embajada
norteamericana. El acuerdo insiste en la lógica de que las Fuerzas Armadas
deben intervenir en conflictos sociales o “estabilidad civil”.
Ecuador: con la retirada de EEUU de la Base de Manta, no existirían bases
militares extranjeras en el país.
El Salvador: 1 base Aérea en Comalapa, muy próxima al Aeropuerto internacional de
San Salvador.
Guadalupe: 2 bases Aéreas y Navales de Francia y la OTAN. Guadalupe, en el
mar Caribe, es un departamento de ultramar de Francia. En Guadalupe, a 600
km al norte de las costas de América del Sur y al sureste de la República
Dominicana, se encuentra el 41º Batallón francés de la Infantería de Marina,
además de aviones, helicópteros y efectivos de la Fuerza Aérea.
Guatemala: no hay información sobre bases militares extranjeras pero sabemos
que se ha extendido a este país la militarización del combate anti drogas
(Iniciativa Mérida) que se viene aplicando en México, con una presencia
constante de tropas USA.
Guayana Francesa: 3 bases. En este territorio (remanente colonial francés en América
del Sur) se concentran tropas principalmente en Cayena, San Juan de Maroni y
otros lugares. Pero la más importante es la Base Aeroespacial francesa en
Kourou, ahora gestionada por la Agencia Espacial Europea. Sus instalaciones son
de las más avanzadas del mundo en la función que desempeña. Está preparada para
el lanzamiento de satélites con objetivos diversos. El radar ubicado en
Troubiran y la Base Aeroespacial permiten la observación y el control de todos
los países de la región. Con la llegada del satélite militar Galileo, Francia
cuenta en Guayana con 40.000 barbouzes (agentes no oficiales), jubilados
en actividad bajo el comando del Estado Mayor de las fuerzas armadas y los
servicios de inteligencia destacados en Guayana, en capacidad de intervenir
contra independentistas guayaneses.
Haití: 1 base Aérea y Naval. Además de la presencia, desde 2004, de
la MINUSTAH, se registra una presencia de tropas de EEUU cuyo número no se ha
podido determinar, así como el atraque de naves de la IV Flota. Desde la
invasión de más de 20.000 efectivos, con motivo del terremoto de enero de 2010,
organizaciones de Haití vienen denunciando que han quedado remanentes de esas
tropas y que todo su territorio puede considerarse una gran base militar
extranjera.
Honduras: 3 bases
base Aérea estadounidense Soto Cano, en Palmerola, con una pista de
2.600 metros;
base Aérea, en Puerto Lempira, sobre la laguna Caratasca, en el
Departamento Gracias a Dios, próxima a la costa del Mar Caribe;
base Aérea en Guanaja, Departamento Islas de la Bahía, en el Caribe.
Martinica: 2 bases Francesas OTAN.
El caso de Martinica es similar al de Guadalupe, con por lo menos dos bases
francesas (OTAN). En el lugar, el Ejército francés cuenta con más de 1.000
efectivos permanentes, incluyendo el 33º Regimiento de Infantería con sede en
la capital Fort de France. Allí además se encuentra estacionada la Marina de
Guerra con 500 efectivos y los equipos necesarios. El país es una base de apoyo
de la mayor importancia para la vigilancia, la inteligencia y las
intervenciones militares en la región, (junto con Guadalupe, Martinica ha
servido como escala durante la Guerra de las Malvinas y la invasión de Granada;
además, Francia y EE.UU. organizan regularmente maniobras militares conjuntas).
México: 2 bases
La militarización de la lucha anti drogas con la intervención directa
de los Estados Unidos ha dejado en los últimos años en este país decenas de
miles de muertos.
La Iniciativa Mérida, firmada en 2008 entre los presidentes Bush y
Calderón implica, según los acuerdos firmados, entrenamiento de las
fuerzas militares mexicanas por parte de EEUU, la venta del armamento necesario
y la estrategia militar para el control del Estado el sobrevuelo sobre
todo el territorio de aviones espía no tripulados y la injerencia de
tropas de Washington en la seguridad interna del país.
En mayo de 2011 la creación de dos bases militares en la frontera con
Guatemala.
Estas dos nuevas bases militares están situadas en Chiquimosuelo y
Jiquipilas, por recomendación de la DEA. Esto sumado a los catorce mil
militares ya existentes en Chiapas. La Defensa Nacional asegura que México está
“ocupada” por los organismos de seguridad de EEUU.
Panamá: 12 bases aeronavales en ambas costas.
Sobre el Pacífico:
1) base Aérea y Naval Isla de Chapera
2) base Aérea y Naval Bahía o Puerto Piña en Darién
3) base Aérea y Naval Quebrada de Piedra en Chiriquí
4) base Aérea y Naval Rambala, en Bocas del Toro
5) base Aérea y Naval Punta Coco, en el Archipiélago de las Perlas;
6) base Aérea y Naval Isla Galera;
7) base Aérea y Naval Mensabé, en Los Santos;
8) Isla de Coiba, en Veraguas.
Sobre el Caribe:
9) base Aérea y Naval Sherman, en Colón
10) base Aérea y Naval El Porvenir, en Kuna Yala
11) base Aérea y Naval Puerto Obaldía, en Kuna Yala
12) base Aérea y Naval San Vicente, en Metetí, Prov. de Darién, cercana a
la frontera con Colombia.
Además de las 12 bases antes enumeradas denuncias, sobre otras bases
militares proyectadas (respecto a las cuales necesitamos más información) en:
La Palma (Pacífico), provincia de Darién;
Isla Grande (Caribe), provincia de Colón;
Yaviza, provincia de Darién y
Estación Naval Rodman (Pacífico) en la entrada del Canal de Panamá.
Paraguay: 2 bases Aérea
base Aérea En Mariscal Estigarribia, en el Chaco paraguayo, con
instalaciones para albergar a varios miles de soldados y una pista de 3.800
metros de longitud. bases Aérea en Pedro Juan Caballero (Base de la DEA
estadounidense) en la frontera con Brasil.
Perú: 3 bases Aéreas y Naval
tres bases militares de EEUU
bases Aérea Iquitos,
bases Aérea Nanay y Santa Lucía. Sobre esta última ubicada sobre el Río
Huallaga (Alto Huallaga) faltan precisiones e información reciente.
Base Naval. El gobierno peruano ha autorizado a EEUU el uso de
instalaciones portuarias para aprovisionamiento de la IV Flota en cercanías del
puerto de El Callao.
Por otra parte, en virtud de los acuerdos entre el Gobierno peruano y los
Estados Unidos, a partir de 2006 ambos Estados incrementaron sus acciones de
cooperación militar en el entendimiento común de que el “narcoterrorismo”
constituye una “amenaza asimétrica” que justificaría la asistencia militar de
Estados Unidos “sin condicionamientos”.
República Dominicana: 1 base
base naval patrocinada por el Gobierno de EE.UU. en la isla de Saona, en el
extremo sureste del país.
Puerto Rico
Puerto Rico es considerado por EEUU como un “Estado Libre Asociado”. La
isla fue ocupada militarmente en 1898 como botín de guerra después de la
independencia de Cuba.
(Fuente: Guillermo Saavedra)
Intervenciones militares más recientes de EEUU en América latina (2015)
Independiente de la política contraria a los intereses de todos los países
de la región, EEUU continúa interviniendo militarmente en la región. En 2015
aumentó su presencia militar en Honduras, Perú y México.
Honduras: Hace apenas una semana, el
1º de abril, la base militar Palmerola que opera EEUU en Honduras recibió una
nueva unidad llamada Task Force for Special Purposes (“Fuerza
de Tarea de Propósito Especial Aire-Tierra de Marines-Sur”). Según el
sitio defensa.com, contará con 250
efectivos, al menos cuatro helicópteros pesados, un moderno catamarán de alta
velocidad y otros medios y armas. La misma publicación agrega que la fuerza
se utilizará para misiones de colaboración con países del área, de asistencia
humanitaria y operaciones antidrogas.
La ‘unidad
especial’ estará lista para entrar en operaciones en la región entre junio y
noviembre de 2015. La base de Palmerola -a 86 kilómetros de la capital
hondureña de Tegucigalpa- es considerada una de las más importantes de EEUU
en la región y alberga a unos 500 soldados norteamericanos de manera
permanente. La nueva ‘fuerza de tarea’ forma parte de la red que coordina el
Comando Sur de Estados Unidos, cuya sede está en el sur de Florida. La
víspera del anuncio del despliegue del nuevo contingente de EEUU en Honduras,
el secretario general de la Unión de Naciones Suramericanas, Ernesto Samper,
propuso eliminar las bases militares de ese país en la región. Las calificó
como residuos de "la época de la Guerra Fría".
|
Perú: Washington incrementará el contingente militar a 3. 200 soldados.
Según declaraciones oficiales, el aumento servirá para mejorar en la lucha
conjunta con los soldados de la Marina peruana contra los insurgentes y
narcotraficantes, informa Defensa.com. La información del
Departamento de Defensa de EEUU dice que “las fuerzas peruanas se enfrentan
regularmente con el grupo guerrillero Sendero Luminoso, y Lima ha manifestado
que requiere de al menos 2.500 efectivos para redoblar la presencia policial en
las zonas menos accesibles”.
Según el investigador principal del Instituto del Perú, Miguel Santillana,
la iniciativa de EEUU se fundamenta en su interés por conservar su presencia
militar en Sudamérica, a expensas del pueblo peruano. “Los norteamericanos
tienen una presencia en Perú como en cualquier país de América Latina porque
sienten que somos su zona de influencia. Ellos se sienten con el derecho de
tener presencia oficial y no oficial en nuestro territorio”, dijo Santillana a
la cadena Russia Today. El congreso peruano autorizó el ingreso de
tropas extranjeras a territorio nacional el 29 de enero de 2015. Las tropas
norteamericanas llegarán al Perú en tres etapas. El primer contingente,
compuesto por 58 soldados, desembarcó en territorio peruano el pasado 1º de
febrero, dos días después de recibir el permiso del Congreso. El segundo,
formado por 67 soldados, llegó el 15 de marzo. El tercer contingente, en
total 3.200 soldados norteamericanos, llegara el 1º setiembre de 2015.
México: A principios de 2015 México anunció que comprará aeronaves y
vehículos militares de EEUU, por un monto de 1,441 millones de dólares, lo
que representa la quinta parte del presupuesto anual de la defensa mexicana. La
venta de vehículos y aeronaves, que fue autorizada por el Departamento de
Estado, incluye 3,335 automotores todo terreno Humvee, a un costo
de 556 millones de dólares. Se trata de casi el mismo número de vehículos que
Afganistán adquirió en 2011. Además, se autorizó la compra de 23
helicópteros Blackhawk por un monto de 905 millones de
dólares, así como la adquisición de un lote de aviones de
entrenamiento Beechcraft T-6C Texan II por un monto de 480 millones
de dólares, señala la Agencia de Cooperación en Defensa de Seguridad del
Pentágono. Por el monto de las compras, México se ubica en el primer lugar de
América Latina y el Caribe que realizan adquisiciones militares a Estados
Unidos, según información de la Agencia y la Security Assistance Monitor.
Ventas de armas de EEUU a América latina 2005-2010
Entre 2005 y 2010 la venta de armas casi se duplicó. En 2005 EEUU
vendía a los países de la región mil millones de dólares en armas. En 2010 la
suma llegó a 1.7 mil millones de dólares. En el período señalado EEUU vendió un
total de 9.2 mil millones de dólares a América latina. Cifras extraoficiales
colocan las ventas de armas de EEUU a los países latinoamericanos entre 2011 y
2014 en otros 15 mil millones.
Ventas de armas de EEUU a América latina
2005-2010
(en dólares)
2005 1,071,212,054
2006 1,435,276,238
2007 1,194,534,296
2008 1,921,083,254
2009 1,898,858,064
2010 1,726,581,395
TOTAL 9,247,545,301
Sólo México compró 3.2 mil millones de
dólares en armas entre 2005 y 2010. Le siguió Colombia con 2 mil millones.
Entre los dos países representaban la mitad de todas las ventas de EEUU en la
región latinoamericana.
Según importancia, seguían Chile (1.2 millones) y Brasil (mil millones de
dólares). Para completar los diez países que más armas le vendía EEUU en la
región latinoamericana estaban Argentina (340 millones), Perú (260 millones),
Rep. Dominicana (150 millones), Costa Rica (88 millones), Panamá (65.8
millones) y Venezuela (65.2 millones).
Costa Rica y Panamá no tienen
ejércitos según sus respectivas Constituciones
Políticas.
- Marco A. Gandásegui, hijo
Profesor de Sociología de la Universidad de Panamá e investigador
asociado del CELA
_____
Cumbre de los Pueblos, Universidad de Panamá, 10 de abril de 2015.
Mesa 1: “América Latina: Región de paz acosada por EEUU”
Coordinación: Marco A. Gandásegui, hijo
http://www.alainet.org/es/articulo/168896
ando la clase obrera.
La nueva fase de la acumulación capitalista necesita conservar la ideología
consumista para no perder su hegemonía cultural. El consumismo ha invadido
todos los espacios de la sociedad latinoamericana: La familia, la educación,
las iglesias, la comunidad, los partidos políticos y las demás instituciones
sociales. En la actual fase del desarrollo capitalista, quienes no consumen son
expulsados, marginados y virtualmente desaparecidos. Para existir hay que
consumir. Consumo, luego soy. Mi identidad se relaciona directamente a mi
status de consumidor.
EEUU controla casi todos los resortes del consumo de mercancías. Incluso,
los productos que se consumen pueden ser ‘producto nacional’ o ‘Made in
China’, pero reproduce la ideología norteamericana y el ‘American Way of
Life’. A fines del siglo XX, el ideólogo Henry Kissinger se preocupaba de
la creciente influencia del Fútbol europeo y su impacto sobre América latina y
el resto del mundo. Después de la crisis de 2008 y el colapso del proyecto
europeo estará descansando más tranquilo.
El modelo chino le quita un poco más de sueño en la actualidad. Sin
embargo, China pretende sustituir a EEUU a largo plazo (¿siglo XXII?) no
pretende presentar una alternativa. A pesar de los defectos del modelo
soviético del siglo XX, contenía los elementos ideológicos de una alternativa:
el socialismo.
La ideología del socialismo se diferencia del capitalismo en un aspecto
fundamental: Mientras que el último se basa en el consumismo competitivo, el
primero tiene como ideal la solidaridad. En teoría en el socialismo no hay
espacio alguno para la acumulación. Como consecuencia, es imposible que surja
un modelo financista de sociedad (especulación).
La surcoreana Samsung es la empresa que más gasta en publicidad en el
mundo. Un total de 14 mil millones de dólares. En 2013 las empresas
capitalistas de EEUU gastaron 100 mil millones de dólares en publicidad. La
compañía Procter & Gamble invirtió 5 mil millones en ese año. Más del 40
por ciento de lo gastado en EEUU se hace a través de la televisión (cable, al
aire y otras).
La participación de EEUU en la publicidad global está disminuyendo. Sin
embargo, aún domina - con un 33 por ciento del total - el negocio de la
publicidad. China que hace 20 años apenas llegaba al uno por ciento, en 2013
representaba cerca del 9 por ciento. América latina tiene el 7 por ciento del
mercado publicitario. El 40 por ciento del presupuesto total de cerca de 40 mil
millones de dólares anuales en publicidad en América latina se concentra en
Brasil. El crecimiento de los gastos en publicidad en América latina es más
rápido que en el resto del mundo. En 2016 se calcula que se gastarán 31 mil
millones en la región sólo en internet, comparado a 17 mil millones en 2011. En
televisión pasaría de 20 mil millones a 30 mil millones de dólares en 2016. En
los periódicos impresos, aumentaría de 8 mil millones a 10 mil millones de
dólares.
La economía real mundial produce cerca de xxx millones de millones. La
inversión en publicidad representa xxx mil millones. Un xx por ciento.
La fuerza
militar
La coyuntura nos presenta un mundo capitalista convulsionado, con la
potencia hegemónica agonizando - pero dominante - y una América latina insurreccional.
¿Estamos frente a algo parecido a la crisis que sacudió el continente hace dos
siglos, las llamadas guerras de liberación (1808-1825) o más bien una
recreación de la fractura que sufrió la región al perder sus mercados
imperiales en el siglo XX?
La crisis de hegemonía de EEUU consume parte importante de los debates
actuales. Hay quienes como el profesor Nye (de la Universidad de Harvard) quien
cuestiona y niega la existencia de la crisis de hegemonía. Es un destacado
autor de la Escuela del Siglo Americano (Bush, Cheney y CIA).
Los conflictos que Nye ve en el mundo en esta coyuntura son signos de la
hegemonía norteamericana. Los interpreta como resultado del poderío militar
norteamericano.
Poderío militar, sin embargo, que ha dejado de tener una base social capaz
de reproducirse. En su lugar pareciera que se forma y consolida otro eje
hegemónico (euroasiático) capaz de reproducir por un nuevo período el sistema
capitalista de acumulación. Al igual que en el pasado, tendrá que resolver la
crisis ambiental, la crisis alimentaria y la crisis energética. ¿Tendrá
capacidad para enfrentar el reto en las primeras décadas del presente siglo?
Nye no considera que son problemas que debe enfrentar la reproducción del
capitalismo. Como asesor de los últimos cuatro presidentes de EEUU,
reduce la cuestión al poderío militar, a la producción de armas y a la
conquista de fuentes energéticas (para bloquear su libre acceso por parte de
sus competidores). Fuentes que no están distribuidas por azar - en gran parte -
precisamente en el Medio Oriente, Rusia y el Gran Caribe (Venezuela).
EEUU es uno de sólo tres países en el mundo que no han ratificado la
Convención Interamericana contra la producción y el tráfico ilícito de armas de
fuego y explosivos. El Convenio promueve la prohibición de la manufactura
illegal de armas y el intercambio de información. El Convenio fue firmado por
el president Clinton en 1997 sin ser aprobado por el Senado de ese país. Igualmente,
EEUU aun no ratifica el Tratado sobre el Comercio de Armas de la ONU de 2013.
En la Cumbre de las Américas de 2012, la gran mayoría de los presidentes
plantearon un enfoque distinto a la Guerra contra las drogas. También le
pidieron a EEUU que controlara las redes criminales, el tráfico ilegal de armas
y reforzar sus leyes contra el uso indiscriminado de armas. Sin duda, la
paciencia de los países latinoamericanos y la falta de credibilidad por parte
de EEUU están creando un ambiente contrario a Washington.
761 bases militares de EEUU en el mundo
EEUU mantiene tropas en más de 560 bases y otros sitios en el exterior. En
total tiene 761 'lugares' militares activos en países extranjeros. En los
recuentos del ejército norteamericano de los puestos de avanzada en el
exterior, tiene bajo su control unos 52 mil edificios y más de 38 mil elementos
de infraestructuras pesadas como muelles, embarcaderos y gigantescos almacenes.
En América latina cuenta con 50 bases militares conocidas.
Veamos la lista
Argentina: 2 Bases
La base Aérea y Naval, en el archipiélago de Malvinas ocupado
colonialmente por Gran Bretaña, la Fortaleza de la OTAN en Mount Pleasant, Isla
Soledad, cuya pista mayor tiene una longitud de 2.600 metros.
La base Aérea, El ex gobernador de Tierra del Fuego, en la localidad de
Tolhuin.
En febrero de 2012 se hizo pública en la provincia del Chaco, la
instalación de un Centro Anti catástrofes y Ayuda Humanitaria, financiado por
el Comando Sur de EEUU. Funcionaría en el Aeropuerto Internacional de
Resistencia, capital de Chaco. El Centro dispondría de un radar y equipos de
comunicación que habilitaría el lugar como un centro de control y espionaje que
cubriría cuatro países del Cono Sur.
Aruba: 1 Base
Base aérea Reina Beatriz.
Bolivia: No hay bases militares extranjeras. La Constitución Política del
Estado aprobada durante el gobierno de Evo Morales lo prohíbe expresamente.
Colombia: 8 Bases EEUU
La base Aérea de Apiay, en el Departamento del Meta;
La base Aérea de Malambo, ubicada en el área metropolitana de Barranquilla;
La base Aérea de Palanquero, situada en Puerto Salgar, en el
departamento (provincia) de Cundinamarca, que cuenta con una pista de
aterrizaje de 3500 metros;
La base Aérea de Tolemaida, en Melgar, Tolima, es el fuerte militar mas
grande de Latinoamérica y tiene una importante fuerza de despliegue rápido;
La base Naval de Bahía Málaga, en el Pacifico colombiano, cerca de
Buenaventura;
La base Naval de Cartagena, en la costa del mar Caribe.
A ellas se suman:
La Base aérea de Tres Esquinas ubicada en el Departamento de Caquetá.
La base Aérea Larandia, en el mismo Departamento.
El puerto de Turbo (muy cercano a la frontera con Panamá) se utiliza para
el aprovisionamiento de la IV Flota.
Costa Rica: 2 Bases EEUU
La base Aérea y Naval de EEUU en Liberia. En 2010 el Congreso nacional
autorizó el desembarco de miles de soldados norteamericanos en medio de un
conflicto entre Costa Rica y Nicaragua.
La base Naval localidad en Caldera. El subcomandante del Ejército Sur
norteamericano, Paul Trivelli, informó sobre la inversión de 15 millones de
dólares en una base naval que se construyó en la localidad de Caldera,
provincia de Puntarenas. Allí funcionará, además, una escuela para el
adiestramiento de oficiales de guardacostas.
Cuba: 1 La base Aérea y Naval usurpada por EEUU en Guantánamo
Curazao: 1 base Aérea de EEUU Hato Rey
Chile: 1 base Aérea y Naval con autorización del gobierno de Sebastián
Piñera se instaló en el Fuerte Aguayo, en Concón, cerca de Valparaíso, una base
militar de EEUU. Bajo la denominación de que sirve para “ejecutar operaciones
de mantención de la paz o de estabilidad civil”, según indica la Embajada
norteamericana. El acuerdo insiste en la lógica de que las Fuerzas Armadas
deben intervenir en conflictos sociales o “estabilidad civil”.
Ecuador: con la retirada de EEUU de la Base de Manta, no existirían bases
militares extranjeras en el país.
El Salvador: 1 base Aérea en Comalapa, muy próxima al Aeropuerto internacional de
San Salvador.
Guadalupe: 2 bases Aéreas y Navales de Francia y la OTAN. Guadalupe, en el
mar Caribe, es un departamento de ultramar de Francia. En Guadalupe, a 600
km al norte de las costas de América del Sur y al sureste de la República
Dominicana, se encuentra el 41º Batallón francés de la Infantería de Marina,
además de aviones, helicópteros y efectivos de la Fuerza Aérea.
Guatemala: no hay información sobre bases militares extranjeras pero sabemos
que se ha extendido a este país la militarización del combate anti drogas (Iniciativa
Mérida) que se viene aplicando en México, con una presencia constante de tropas
USA.
Guayana Francesa: 3 bases. En este territorio (remanente colonial francés en América
del Sur) se concentran tropas principalmente en Cayena, San Juan de Maroni y
otros lugares. Pero la más importante es la Base Aeroespacial francesa en
Kourou, ahora gestionada por la Agencia Espacial Europea. Sus instalaciones son
de las más avanzadas del mundo en la función que desempeña. Está preparada para
el lanzamiento de satélites con objetivos diversos. El radar ubicado en
Troubiran y la Base Aeroespacial permiten la observación y el control de todos
los países de la región. Con la llegada del satélite militar Galileo, Francia
cuenta en Guayana con 40.000 barbouzes (agentes no oficiales), jubilados
en actividad bajo el comando del Estado Mayor de las fuerzas armadas y los
servicios de inteligencia destacados en Guayana, en capacidad de intervenir
contra independentistas guayaneses.
Haití: 1 base Aérea y Naval. Además de la presencia, desde 2004, de
la MINUSTAH, se registra una presencia de tropas de EEUU cuyo número no se ha
podido determinar, así como el atraque de naves de la IV Flota. Desde la
invasión de más de 20.000 efectivos, con motivo del terremoto de enero de 2010,
organizaciones de Haití vienen denunciando que han quedado remanentes de esas
tropas y que todo su territorio puede considerarse una gran base militar
extranjera.
Honduras: 3 bases
base Aérea estadounidense Soto Cano, en Palmerola, con una pista de
2.600 metros;
base Aérea, en Puerto Lempira, sobre la laguna Caratasca, en el
Departamento Gracias a Dios, próxima a la costa del Mar Caribe;
base Aérea en Guanaja, Departamento Islas de la Bahía, en el Caribe.
Martinica: 2 bases Francesas OTAN.
El caso de Martinica es similar al de Guadalupe, con por lo menos dos bases
francesas (OTAN). En el lugar, el Ejército francés cuenta con más de 1.000
efectivos permanentes, incluyendo el 33º Regimiento de Infantería con sede en
la capital Fort de France. Allí además se encuentra estacionada la Marina de
Guerra con 500 efectivos y los equipos necesarios. El país es una base de apoyo
de la mayor importancia para la vigilancia, la inteligencia y las
intervenciones militares en la región, (junto con Guadalupe, Martinica ha
servido como escala durante la Guerra de las Malvinas y la invasión de Granada;
además, Francia y EE.UU. organizan regularmente maniobras militares conjuntas).
México: 2 bases
La militarización de la lucha anti drogas con la intervención directa
de los Estados Unidos ha dejado en los últimos años en este país decenas de
miles de muertos.
La Iniciativa Mérida, firmada en 2008 entre los presidentes Bush y
Calderón implica, según los acuerdos firmados, entrenamiento de las
fuerzas militares mexicanas por parte de EEUU, la venta del armamento necesario
y la estrategia militar para el control del Estado el sobrevuelo sobre
todo el territorio de aviones espía no tripulados y la injerencia de
tropas de Washington en la seguridad interna del país.
En mayo de 2011 la creación de dos bases militares en la frontera con
Guatemala.
Estas dos nuevas bases militares están situadas en Chiquimosuelo y
Jiquipilas, por recomendación de la DEA. Esto sumado a los catorce mil
militares ya existentes en Chiapas. La Defensa Nacional asegura que México está
“ocupada” por los organismos de seguridad de EEUU.
Panamá: 12 bases aeronavales en ambas costas.
Sobre el Pacífico:
1) base Aérea y Naval Isla de Chapera
2) base Aérea y Naval Bahía o Puerto Piña en Darién
3) base Aérea y Naval Quebrada de Piedra en Chiriquí
4) base Aérea y Naval Rambala, en Bocas del Toro
5) base Aérea y Naval Punta Coco, en el Archipiélago de las Perlas;
6) base Aérea y Naval Isla Galera;
7) base Aérea y Naval Mensabé, en Los Santos;
8) Isla de Coiba, en Veraguas.
Sobre el Caribe:
9) base Aérea y Naval Sherman, en Colón
10) base Aérea y Naval El Porvenir, en Kuna Yala
11) base Aérea y Naval Puerto Obaldía, en Kuna Yala
12) base Aérea y Naval San Vicente, en Metetí, Prov. de Darién, cercana a
la frontera con Colombia.
Además de las 12 bases antes enumeradas denuncias, sobre otras bases
militares proyectadas (respecto a las cuales necesitamos más información) en:
La Palma (Pacífico), provincia de Darién;
Isla Grande (Caribe), provincia de Colón;
Yaviza, provincia de Darién y
Estación Naval Rodman (Pacífico) en la entrada del Canal de Panamá.
Paraguay: 2 bases Aérea
base Aérea En Mariscal Estigarribia, en el Chaco paraguayo, con
instalaciones para albergar a varios miles de soldados y una pista de 3.800
metros de longitud. bases Aérea en Pedro Juan Caballero (Base de la DEA
estadounidense) en la frontera con Brasil.
Perú: 3 bases Aéreas y Naval
tres bases militares de EEUU
bases Aérea Iquitos,
bases Aérea Nanay y Santa Lucía. Sobre esta última ubicada sobre el Río
Huallaga (Alto Huallaga) faltan precisiones e información reciente.
Base Naval. El gobierno peruano ha autorizado a EEUU el uso de
instalaciones portuarias para aprovisionamiento de la IV Flota en cercanías del
puerto de El Callao.
Por otra parte, en virtud de los acuerdos entre el Gobierno peruano y los
Estados Unidos, a partir de 2006 ambos Estados incrementaron sus acciones de
cooperación militar en el entendimiento común de que el “narcoterrorismo”
constituye una “amenaza asimétrica” que justificaría la asistencia militar de
Estados Unidos “sin condicionamientos”.
República Dominicana: 1 base
base naval patrocinada por el Gobierno de EE.UU. en la isla de Saona, en el
extremo sureste del país.
Puerto Rico
Puerto Rico es considerado por EEUU como un “Estado Libre Asociado”. La
isla fue ocupada militarmente en 1898 como botín de guerra después de la
independencia de Cuba.
(Fuente: Guillermo Saavedra)
Intervenciones militares más recientes de EEUU en América latina (2015)
Independiente de la política contraria a los intereses de todos los países
de la región, EEUU continúa interviniendo militarmente en la región. En 2015
aumentó su presencia militar en Honduras, Perú y México.
Honduras: Hace apenas una semana, el
1º de abril, la base militar Palmerola que opera EEUU en Honduras recibió una
nueva unidad llamada Task Force for Special Purposes (“Fuerza
de Tarea de Propósito Especial Aire-Tierra de Marines-Sur”). Según el
sitio defensa.com, contará con 250
efectivos, al menos cuatro helicópteros pesados, un moderno catamarán de alta
velocidad y otros medios y armas. La misma publicación agrega que la fuerza
se utilizará para misiones de colaboración con países del área, de asistencia
humanitaria y operaciones antidrogas.
La ‘unidad
especial’ estará lista para entrar en operaciones en la región entre junio y
noviembre de 2015. La base de Palmerola -a 86 kilómetros de la capital
hondureña de Tegucigalpa- es considerada una de las más importantes de EEUU
en la región y alberga a unos 500 soldados norteamericanos de manera permanente.
La nueva ‘fuerza de tarea’ forma parte de la red que coordina el Comando Sur
de Estados Unidos, cuya sede está en el sur de Florida. La víspera del
anuncio del despliegue del nuevo contingente de EEUU en Honduras, el
secretario general de la Unión de Naciones Suramericanas, Ernesto Samper,
propuso eliminar las bases militares de ese país en la región. Las calificó
como residuos de "la época de la Guerra Fría".
|
Perú: Washington incrementará el contingente militar a 3. 200 soldados.
Según declaraciones oficiales, el aumento servirá para mejorar en la lucha
conjunta con los soldados de la Marina peruana contra los insurgentes y
narcotraficantes, informa Defensa.com. La información del
Departamento de Defensa de EEUU dice que “las fuerzas peruanas se enfrentan
regularmente con el grupo guerrillero Sendero Luminoso, y Lima ha manifestado
que requiere de al menos 2.500 efectivos para redoblar la presencia policial en
las zonas menos accesibles”.
Según el investigador principal del Instituto del Perú, Miguel Santillana,
la iniciativa de EEUU se fundamenta en su interés por conservar su presencia
militar en Sudamérica, a expensas del pueblo peruano. “Los norteamericanos
tienen una presencia en Perú como en cualquier país de América Latina porque
sienten que somos su zona de influencia. Ellos se sienten con el derecho de
tener presencia oficial y no oficial en nuestro territorio”, dijo Santillana a
la cadena Russia Today. El congreso peruano autorizó el ingreso de
tropas extranjeras a territorio nacional el 29 de enero de 2015. Las tropas
norteamericanas llegarán al Perú en tres etapas. El primer contingente,
compuesto por 58 soldados, desembarcó en territorio peruano el pasado 1º de
febrero, dos días después de recibir el permiso del Congreso. El segundo,
formado por 67 soldados, llegó el 15 de marzo. El tercer contingente, en
total 3.200 soldados norteamericanos, llegara el 1º setiembre de 2015.
México: A principios de 2015 México anunció que comprará aeronaves y
vehículos militares de EEUU, por un monto de 1,441 millones de dólares, lo
que representa la quinta parte del presupuesto anual de la defensa mexicana. La
venta de vehículos y aeronaves, que fue autorizada por el Departamento de
Estado, incluye 3,335 automotores todo terreno Humvee, a un costo de 556
millones de dólares. Se trata de casi el mismo número de vehículos que
Afganistán adquirió en 2011. Además, se autorizó la compra de 23
helicópteros Blackhawk por un monto de 905 millones de dólares,
así como la adquisición de un lote de aviones de entrenamiento Beechcraft
T-6C Texan II por un monto de 480 millones de dólares, señala la Agencia
de Cooperación en Defensa de Seguridad del Pentágono. Por el monto de las compras,
México se ubica en el primer lugar de América Latina y el Caribe que realizan
adquisiciones militares a Estados Unidos, según información de la Agencia y la
Security Assistance Monitor.
Ventas de armas de EEUU a América latina 2005-2010
Entre 2005 y 2010 la venta de armas casi se duplicó. En 2005 EEUU
vendía a los países de la región mil millones de dólares en armas. En 2010 la
suma llegó a 1.7 mil millones de dólares. En el período señalado EEUU vendió un
total de 9.2 mil millones de dólares a América latina. Cifras extraoficiales
colocan las ventas de armas de EEUU a los países latinoamericanos entre 2011 y
2014 en otros 15 mil millones.
Ventas de armas de EEUU a América latina
2005-2010
(en dólares)
2005 1,071,212,054
2006 1,435,276,238
2007 1,194,534,296
2008 1,921,083,254
2009 1,898,858,064
2010 1,726,581,395
TOTAL 9,247,545,301
Sólo México compró 3.2 mil millones de
dólares en armas entre 2005 y 2010. Le siguió Colombia con 2 mil millones.
Entre los dos países representaban la mitad de todas las ventas de EEUU en la
región latinoamericana.
Según importancia, seguían Chile (1.2 millones) y Brasil (mil millones de
dólares). Para completar los diez países que más armas le vendía EEUU en la
región latinoamericana estaban Argentina (340 millones), Perú (260 millones),
Rep. Dominicana (150 millones), Costa Rica (88 millones), Panamá (65.8
millones) y Venezuela (65.2 millones).
Costa Rica y Panamá no tienen ejércitos según sus respectivas
Constituciones
Políticas.
- Marco A. Gandásegui, hijo
Profesor de Sociología de la Universidad de Panamá e investigador
asociado del CELA
_____
Cumbre de los Pueblos, Universidad de Panamá, 10 de abril de 2015.
Mesa 1: “América Latina: Región de paz acosada por EEUU”
Coordinación: Marco A. Gandásegui, hijo
http://www.alainet.org/es/articulo/168896