di
Sergio Alejandro Gómez / internet@granma.cu
A 197 anni dalla sua nascita, il pensiero del filosofo
ed economista tedesco continuano a girare il mondo
4 maggio 2015.- Carlo Marx non è solo un
riferimento per chi lotta per un cambio sociale, anche i suoi più energici
detrattori sono costretti a consultarlo in tempi di crisi. Di fatto, è quasi
del tutto impossibile ignorare questo economista e filosofo tedesco del XIX
secolo, che ebbe la lungimiranza di predire con esattezza l’instabilità del
capitalismo e di lottare per tutto l’arco della sua vita a favore di un sistema
che superasse le sue ingiustizie e contraddizioni. Sviato da taluni e
demonizzato da altri, le sue idee rappresentano tuttora una miscela esplosiva
in tempi di crisi. Un inchiesta della BBC del 1999 lo ha definito come il
“pensatore del millennio”, superando per importanza non poche delle principali
figure della scienza, come Albert Einstein.
Secondo
lo storico britannico, Eric Hobsbawm, durante la seconda metà del Ventesimo
secolo, quasi tre quarti dell’umanità viveva in un sistema politico con alcuni
orientamenti di tipo socialista e che si ispiravano a Marx. Nonostante i
cambiamenti e le convulsioni che viviamo oggi, che configurano un mondo invero
differente a quello della Prussia che vide nascere Marx il 5 maggio 1818,
questi ultimi due secoli non hanno fanno nient’altro che confermare molte delle
sue tesi. Non è un caso, infatti, che solo nel 2009 la vendita dei “Il
Capitale”, il miglior testo in circolazione che analizza con precisione il
funzionamento del sistema capitalista, è andato a “ruba” sia negli Stati Uniti
che in Europa. Ora di fronte all’incapacità d’analisi della crisi da parte dei
“think thank” neo-cons – gli stessi che parlano della mano invisibile del
mercato – molti politici come l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy
dovettero ammettere di aver dovuto leggere quell’opera per comprendere la crisi
strutturale del capitalismo.
Ciò
nondimeno, le “ricette” dell’economista britannico John Maynard Keynes – che di
certo è colpevole di qualsiasi cosa tranne di essere un rivoluzionario –
svolsero una funzione egemonizzante per un breve periodo, lasciando in ombra
gli studi di Marx. Le sue ricette contro la crisi è sul ruolo strategico dello
stato nel capitalismo segnarono la maggior parte degli studi e delle analisi
del secolo passato; sebbene con la discesa del neoliberalismo i suoi scritti
cominciarono ad essere dimenticati. Fu Marx che predisse con precisione che il
peso della crisi sarebbe ricaduto sulle spalle dei lavoratori e che infine i
pesci grandi che avrebbero mangiato quelli piccoli, in quello che egli definiva
come il costante processo di accumulazione della ricchezza. Ebbene, questa
realtà la vivono oggi milioni di persone, ivi incluso nella ricca Europa, dove
non solo cadde il Muro di Berlino, ma anche quello dello stato sociale, che
salvaguardava i lavoratori dall’espropriazione capitalista, garantendogli i
diritti sociali.
Ora, se
certe categorie come borghesia e proletariato possono sembrare di primo acchito
antiquate per i nostri tempi, le rivendicazioni di quel 99% che è stanco di
quel 1% che prende le decisioni su tutte le questioni più importanti, è
senz’altro una conferma che la lotta di classe è il motore della storia, come
ebbe a dire Marx. Qualche tempo fa, un libro di 650 pagine scritto
dall’economista francese Thomas Piketty si è convertito in un best seller
mondiale, là dove prende spunto per le sue analisi da una delle principali tesi
del pensiero marxista: la tendenza verso l’accumulazione del capitale, dove i
poveri saranno sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Il testo ha
generato una discussione per nulla pacifica e taluni economisti in doppio petto
hanno cercato di confutare i dati degli ultimi trent’anni che ha utilizzato
l’economista francese. E chissà che questo non è servito a qualcosa. Queste
tesi così chiare e semplici smontano con precisione il mito che la modernità
porterebbe con se i benefici dei potenti alla intera maggioranza della
popolazione mondiale, come del resto lo aveva già spiegato lo stesso Marx.
Come
dimostrano molte inchieste del cosiddetto “Primo Mondo”, gli adulti di oggi non
si sentono sicuri che i loro figli riescano a vivere meglio di loro e – anzi –
sono convinti che i loro genitori vissero una congiuntura migliore della loro.
“Tutto ciò che è solido, svanisce nell’aria”, ebbe a scrivere Marx nel
Manifesto Comunista in merito alla tendenza distruttiva e nel contempo
creatrice del capitalismo. Era il 1848, non c’erano né internet e nemmeno i
telefoni della Apple.
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