martedì 4 marzo 2014

La menzogna nella storia degli Stati Uniti - La mentira en la historia de Estados Unidos


PEDRO SALMERÓN SANGUINÉS

Utilizzare la storia o il mito per giustificare le peggiori malvagità, inventare essenzialità o necessità e costruire idee di razza o nazione, è stata una pratica comune da quando esiste l’organizzazione sociale basata nell’oppressione.
Gli imperi che si sono consolidati nell’epoca moderna, le cui cupole continuano a dominare  l’economia mondiale, non hanno fatto altro che legittimare le loro conquiste e genocidi.  Un esempio molto chiaro della manipolazione della storia, lo presenta la costruzione ideologica degli Stati Uniti con la loro “eccezionalità”.
Secondo questa idea, gli USA hanno il diritto, sia per sanzione divina o per obbligo morale, di offrire civiltà, democrazia e/o libertà al resto del mondo, anche con la violenza se è necessario. Una seconda idea che completa la prima sostiene che gli Stati Uniti hanno la “destinazione manifesta” di espandersi per tutto il continente e quindi portare al mondo il loro obbligatorio messaggio di libertà e auto governo.  (Howard Zinn, La Jornada, 27 y 28/7/05).
Queste idee che in sè non sono molto diverse dalle giustificazioni divine, razziali o ideologiche che altri imperi e stati totalitari hanno usato per legittimarsi, sono la base di un gigantesco processo di falsificazione della storia.
La destra degli USA combatte coloro che criticano questi motivi trasformati in dogmi. Negli anni trenta i libri di testo che non erano pieni di partitismo conservatore, erano denunciati, proibiti o bruciati.
Durante la guerra fredda, la persecuzione ideologica è stata terribile. Nelle università si è combinata la repressione selettiva con la corruzione generalizzata, ossia l’investigazione al soldo, per giustificare le politiche di guerra, aggressione e contro-insorgenza.
Così è stata costruita una visione del passato degli Stati Uniti come una storia di consenso basata nelle dottrine dell’eccezionalità nordamericana della “destinazione manifesta” e nel mito della conquista trionfante dell’ovest, che ometteva qualsiasi citazione sulla, razza, la schiavitù la conquista dei popoli nativi e le restrizioni  e oppressioni su molti gruppi emarginati, includendo le donne.  (Josep Fontana, Historia: analisi del passato e del progetto sociale [edizione del  1999], pp. 264-266).
Nello stesso tempo la teoria della modernizzazione sosteneva che “il miracolo statunitense”, in cui le impostazioni del marxismo non è che erano mal interpretate,  erano “totalmente irrilevanti”,  la si poteva ripetere nei paesi sotto sviluppati se seguivano le stesse regole che avevano osservato i nordamericani.
Queste regole imposte con la combinazione del potere economico  e militare, si riassumono in due:  libero mercato e soggezione all’economia statunitense.
Hannah Arendt lo spiega con molta chiarezza:
“Quando ci si diceva che la libertà per noi era la libera impresa, facemmo davvero poco per distruggere quell’enorme falsità [...] abbiamo affermato che negli Stati Uniti la ricchezza e il benessere economico sono i frutti della libertà, anche se avremmo dovuto essere i primi a sapere che quel tipo di felicità costituiva la benedizione dell’America prima della Rivoluzione e che la sua ragione d’essere era l’abbondanza naturale, con un governo moderato, e non la libertà politica, nè l’iniziativa privata, libera a senza freni del capitalismo che ha portato in tutti i paesi dove non esistevano ricchezze naturali, l’infelicità e la povertà delle masse. In altre parole la libera impresa è stata una benedizione per gli Stati Uniti. (Arendt, Sulla rivoluzione, p. 357).
 La storia ufficiale negli Stati Uniti ha questo senso. Howard Zinn dice: "Si può mentire come un furbo sul passato. O si possono omettere dati che potrebbero portare  a conclusioni inaccettabili”.
“I manuali delle scuole non citano le differenze di classe, la schiavitù, le guerre di conquista, e omettono anche le ragioni economiche, geografiche e demografiche che hanno permesso  agli Stati Uniti di diventare un impero. È una storia che riduce il passato agli incontri e agli scontri, eroismi e infamie di un gruppo di eletti che in regola generale sono bianchi, maschi, militari e ricchi” dice Eduardo Galeano (vedi il libro di Zinn “L’altra storia degli Stati Uniti”).
Di fronte a tutto questo le storie ufficiali dei totalitarismi sembrano sciocche  e inefficaci.
Il nazismo si è basato su una delle maggiori menzogne
ideologiche della modernità: la differenza di razza e appoggiato su questa ha perpetrato uno dei più atroci crimini della storia.  La sua menzogna è durata 12 anni.
Come politica di Stato, lo stalinismo ha falsato la storia in maniera sistematica, ma la sua dittatura storiografica è crollata in un quarto di secolo.
La menzogna sistematica con cui gli Stati Uniti giustificano le loro guerre di aggressione e imposizione dei loro modelli economici al mondo, compiono già, vigenti, più di due secoli. (La Jornada - Messico / Traduzione Granma Int.)
 


La mentira en la historia de Estados Unidos

Pedro Salmerón Sanguinés

Utilizar la historia o el mito para justificar las peores barbaridades, inventar esencias o necesidades y construir ideas de raza o nación, ha sido práctica común desde que existe la organización social basada en la opresión. Los imperios que se consolidaron en la época moderna, cuyas élites siguen dominando la economía mundial, no hicieron otra cosa para legitimar sus conquistas y genocidios. Un ejemplo muy claro de la manipulación de la historia lo presenta la construcción ideológica de Estados Unidos y su “excepcionalidad”.
Según esa idea, Estados Unidos tiene el derecho, “sea por sanción divina o por obligación moral, de brindar civilización, democracia o libertad al resto del mundo, mediante la violencia si es necesario”. Complementa esa idea otra, según la cual Estados Unidos tiene el “destino manifiesto” de expandirse por todo el continente y, posteriormente, llevar al mundo “nuestro gran cometido de libertad y autogobierno” (Howard Zinn, La Jornada, 27 y 28/7/05).
Esas ideas, que en sí no son muy distintas de las justificaciones divinas, raciales o ideológicas que otros imperios o estados totalitarios han usado para legitimarse, están en la base de un gigantesco proceso de falsificación de la historia.
La derecha estadunidense combate a quien cuestione esos mitos convertidos en dogmas: “En los años treinta, los libros de texto que no fuesen de un patrioterismo conservador eran denunciados, prohibidos o quemados”. Durante la guerra fría la persecución ideológica arreció. En las universidades se combinó la represión selectiva con la corrupción generalizada, es decir, la investigación a sueldo para justificar las políticas de guerra, agresión y contrainsurgencia:
“Así se construyó una visión del pasado de los Estados Unidos como una historia de consenso, basada en las
doctrinas del excepcionalismo norteamericano y del Destino Manifiesto, y en el mito de la conquista triunfante del oeste, que omitía cualquier mención sobre la raza, esclavitud, conquista de los pueblos nativos y restricciones opresoras sobre muchos grupos marginalizados incluyendo las mujeres” (Josep Fontana, Historia: análisis del pasado y proyecto social [edición de 1999], pp. 264-266).

Al mismo tiempo, la teoría de la modernización sostenía que el milagro estadunidense, donde los planteamientos del marxismo no es que fueran equivocados, sino “totalmente irrelevantes”, podía repetirse en los países subdesarrollados, “si seguían las mismas reglas que habían observado los norteamericanos”.
Dichas reglas, impuestas por la combinación del poder económico y militar, se resumen en dos: libre mercado y sujeción a la economía estadunidense. Hannah Arendt lo explica con claridad prístina:
“Cuando se nos decía que la libertad era para nosotros la libre empresa, fue muy poco lo que hicimos para destruir tan enorme falsedad [...] Hemos afirmado que en los Estados Unidos la riqueza y el bienestar económico son los frutos de la libertad, pese a que debiéramos haber sido los primeros en saber que ese tipo de “felicidad” constituía la bendición de América con anterioridad a la Revolución y que su razón de ser era la abundancia natural bajo “un gobierno moderado” y no la libertad política ni la “iniciativa privada”, libre y sin freno, del capitalismo, el cual ha conducido en todos los países donde no existían riquezas naturales a la infelicidad y a la pobreza de las masas. En otras palabras, la libre empresa sólo ha sido una bendición para Estados Unidos” (Arendt, Sobre la revolución, p. 357).
La historia oficial en Estados Unidos tiene ese sentido. Dice Howard Zinn: “Se puede mentir como un bellaco sobre el pasado. O se pueden omitir datos que pudieran llevar a conclusiones inaceptables”.
Los manuales escolares omiten las diferencias de clases, la esclavitud, las guerras de conquista; omiten también las razones económicas, geográficas y demográficas que permitieron que Estados Unidos se convirtiera en imperio. Es una historia que, “reduce el pasado a los encuentros y desencuentros, heroísmos e infamias de un grupo de elegidos, que por regla general son blancos, machos, militares y ricos”, dice Eduardo Galeano sobre el libro de Zinn ( La otra historia de los Estados Unidos, p. 17. La cita de Galeano en cuarta de forros).
Frente a esto, las historias oficiales de los totalitarismos parecen burdas e ineficaces. El nazismo se apoyó en una de las mayores mentiras ideológicas de la modernidad: la diferencia de “raza”; y apoyado en ella, perpetró uno de los más atroces crímenes colectivos de la historia. Pero su mentira duró 12 años como política de Estado. El estalinismo falseó la historia de manera sistemática. Pero su dictadura historiográfica se derrumbó al cabo de un cuarto de siglo.
La mentira sistemática con la que Estados Unidos justifica sus guerras de agresión y la imposición de sus modelos económicos al mundo, lleva más de dos siglos vigente.
Twitter: @salme_villista



Foto  da internet inserite da amministratore blog internazionalismo


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