Riceviamo da Rita Martufi questo documento già redatto dal Granma internacional
Tutte le attività e gli incontri, le conferenze, hanno avuto come fine principale quello di continuare e rafforzare i rapporti culturali e politici con Cuba e la sua rivoluzione, il Partito Comunista Cubano, il Governo e il grande popolo rivoluzionario di Cuba, rapporti che vivono in modo diretto e fraterna ormai da decenni con la Rete dei Comunisti e del Centro Studi CESTES e altre strutture del Capitolo Italiano della Rete in Difesa dell’Umanità. L’agenda delle attività politiche è stata organizzata e seguita con grande professionalità e passione dai compagni dell’ICAP, l’Istituto Cubano per l’Amicizia dei Popoli, in particolare dalla sua Presidente Kenya Serrano, una delle più giovani Parlamentari con cariche di alta responsabilità politica e istituzionale della rivoluzione di Cuba, che svolge questi importanti compiti già da diversi anni. A Cuba sono moltissimi i giovani e le donne che rivestono questi ruoli, come anche Miguel Diaz Canèl, Vice Presidente della Repubblica a soli 52 anni, che anche questa volta abbiamo avuto l’onore e il piacere di incontrare con il solito e grande affetto e amicizia di sempre; chiaramente Fidel e Raul Castro rappresentano le figure guida, in quanto sono gli ultimi leader storici della Sierra Maestra che hanno portato alla vittoria della Rivoluzione, ma è evidente, frequentando istituzioni e strutture politiche di come Cuba sia governata da una vera e sentita democrazia partecipativa con alla guida tanti giovani dirigenti di alta competenza, formati teoricamente e nella dura pratica di questo consolidato processo rivoluzionario.
I primi incontri ufficiali si sono tenuti proprio con la Presidentessa Kenia e con gli altri compagni dell’ICAP, trattando questioni centrali relative alla continuazione, diversificazione e rafforzamento della lotta per la liberazione dei nostri 5 fratelli eroi cubani e della battaglia contro il blocco economico commerciale imposto da 52 anni dagli USA a Cuba. Ancora una volta nel 2013 le Nazioni Unite per 20 anni di seguito si sono espresse assolutamente a favore di Cuba e per la fine del blocco; infatti la votazione tenutasi a novembre scorso ha riportato il risultato di 187 voti contro l’assurda continuazione del blocco! Solo due Paesi, come anche in passato, hanno votato a favore della continuità: Stati Uniti e Israele. Tale situazione si protrae da più di venti anni in quanto gli USA hanno il “diritto di veto”, per cui nonostante la maggioranza dei Paesi siano contrari al blocco la questione continua a ripresentarsi anno dopo anno, come vile ricatto imposto dagli USA contro l’autodeterminazione socialista della rivoluzione cubana. I compagni dell’ICAP, del Partito, dell’Associazione degli Economisti Cubani ANEC e del Centro studi sulla Mondializzazione CIEM e di altri centri studi, ci hanno fatto notare come Cuba nonostante il duro blocco stia facendo degli importanti progressi socio-economici sulle strategiche questioni macroeconomiche ma anche nelle piccole cose quotidiane. Oltre quindi a mantenere quegli aspetti politico-sociali che da sempre hanno caratterizzato la rivoluzione, quali la gratuità della sanità e l’istruzione pubblica, dello sport, dell’abitare, di tutti i servizi essenziali, sono state ampliate e socializzate ancor più le reti internet, quelle della telefonia mobile, è stato regolamentato e rafforzato il trasporto pubblico, i negozi non solo di beni di prima necessità sono ora sempre ben forniti. Ciò a dimostrazione che nonostante il blocco da parte degli USA, le relazioni di solidarietà e complementarietà con l’ALBA funzionano, così come funzionano le relazioni con i BRICS, con quei rapporti economici, commerciali e finanziari di amicizia che caratterizzano le relazioni non solo con Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa ma anche con gli altri paesi dell’America Latina, con l’Iran, con il Vietnam e con tanti altri. Tali rapporti sono portati avanti in alcuni casi diciamo così per “simpatia politica” o in altri sono evidenti gli interessi di alcune potenze economiche derivate dalla competizione internazionale; ma in ogni caso sono sempre più i Paesi che non volendo rispettare le imposizioni dell’infame strumento di ritorsione politica contro Cuba che è il blocco, mostrano un forte interesse di collaborazione e di interscambio paritario con Cuba; non è un caso che molti di questi sono comunemente etichettati dagli USA come “Stati canaglia” per il semplice fatto di non accettare le regole del FMI o della Banca Mondiale e le “prepotenze” politiche, finanziarie e commerciali statunitensi. I rapporti con i BRICS e altri Paesi sono comunque differenti da quelli che Cuba ebbe in passato con l’Unione Sovietica, in quanto nello specifico dagli anni sessanta agli anni ottanta i rapporti avvenivano all’interno della logica degli accordi del COMECON, cioè con l’alleanza dei Paesi socialisti guidati dall’Unione Sovietica, e quelle relazioni erano improntate sulle regole di un interscambio forte all’interno della stessa alleanza. Oggi invece la situazione è differente, in quanto i BRICS non fanno parte dell’ALBA, ma intrattengono comunque rapporti commerciali intensi e di rispetto con Cuba, la cui relazione di maggior importanza rimane in ogni caso con il Venezuela.
La nostra delegazione ha avuto fitti interscambi con gli esponenti del Partito e con i rappresentanti dell’ICAP e di molti centri studi e tutti ci hanno confermato il grande successo politico ottenuto solo da pochi giorni con il grande vertice della CELAC, che riunisce non solo i paesi dell’ALBA, cioè quindi quelli che hanno in corso processi diversificati di transizione socialista o a forte caratterizzazione antimperialista e anticapitalista (Cuba, Bolivia, Venezuela, Nicaragua ed Ecuador), ma ha riunito 31 dei 33 Paesi dell’America Latina, quindi governi democratici e progressisti ma anche di centro-destra.
Al termine del vertice ne è scaturito un documento finale approvato da tutti i partecipanti, diviso in 83 punti, che è stato pubblicato anche in italiano sul sito di Nuestra America e su quello di Contropiano; leggendo questa risoluzione ci si rende conto del senso della democrazia partecipativa e delle scelte politiche ed economiche antiliberiste che oggi vuole perseguire questo grande processo di integrazione in atto in America Latina; processi che vanno in modo completamente opposto a ciò che avviene in Europa e negli USA: tale documento finale ha addirittura in alcuni suoi punti una caratterizzazione di impianto socialista ma risultano soprattutto fortemente delineati richiami sostanziali all’antimperialismo e all’antineoliberismo, all’indipendenza, all’autodeterminazione, alla democrazia sociale, di base e in alcuni casi a quella partecipativa. Le linee della politica economica sono a favore di uno sviluppo compatibile non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello sociale, in cui prevale non la logica del profitto ma quella della solidarietà e della complementarietà con forte interesse per le economie locali e un rilancio dell’agricoltura e del mondo dei contadini anche attraverso modalità di investimento sostenute da uno sforzo comune di integrazione e complementarietà. Dichiarare, poi, l’America Latina una “terra di pace” è stata e rimane una sfida importante contro l’egemonia imperialista di chi attraverso la guerra continua a imporre le regole della propria espansione e del proprio dominio; come importante è riflettere sul fatto che se la CELAC chiude il suo vertice con un documento assolutamente duro contro le regole e le politiche imperialiste, e se ad approvare questo documento sono quindi anche governi conservatori che mantengono un’amicizia con gli USA ma ne rifiutano le ingiustizie sociali e le pesanti interferenze politiche e spesso anche con una minacciosa presenza militare, tutto ciò fa anche riflettere su un probabile nuovo forte interesse dell’Europa per l’America Latina, poiché appare sempre più chiaro che gli Stati Uniti sono ormai “in un angolo”. Lo scontro e la pesante ingerenza USA verso CUBA è storico, ma quando iniziano a contrapporsi alle politiche imperiali statunitensi anche il Brasile, l’Argentina, l’Uruguay, il Paraguay, ecc. – e il Brasile è il quinto paese
in termini di PIL a livello mondiale – significa che qualcosa di rilevanzastorica sta realmente succedendo. La modalità del confronto, le mete unitarie proposte a questo vertice della CELAC evidenzia per la “Isla grande” una importante vittoria perché proprio Cuba che era stata estromessa dall’Organizzazione OEA (Organizacion Estados Americanos) per volere degli Stati Uniti in quanto considerato paese socialista indesiderato, con il formarsi della CELAC e quindi dell’unione dei Paesi latino-americani – come avrebbero voluto in passato Josè Marti o Bolivar – ne riceve con voto
unanime la presidenza e conduce per mano gli altri paesi latino americani in quello che si può reputare il più grande e importante processo di integrazione che solo oggi comincia realmente a realizzarsi.
Durante queste intense giornate di attività politiche e culturali la nostra delegazione si è anche incontrata con Noel Carrillo Alfonso, Responsabile per l’Europa del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba, e con Oscar Martinez, Vice Presidente delle Relazioni Internazionali del Comitato Centrale e abbiamo avuto modo di salutare anche Balanguer, Responsabile Capo delle Relazioni Internazionali.
Anche con Noel Carrillo, così come con l’ICAP, con la Rete In Difesa dell’Umanità, con Graciela Ramirez e tutto il Comitato Internazionale per la Libertà dei 5 si è discusso non solo del blocco e della situazione politica-economica che oggi vive l’America Latina, ma anche degli effetti nei diversi contesti della crisi sistemica e in particolare in Europa.
Analizzando quelle che sono oggi le politiche e le questioni internazionali sul tappeto, grande rilevanza ha avuto ovviamente la drammatica vicenda della ingiusta detenzione dei nostri fratelli eroi cubani: al momento è a Cuba nella sua patria dopo aver scontato 15 anni di detenzione soltanto Renè Gonzalez, che abbiamo avuto modo di incontrare e con il quale abbiamo parlato delle prossime campagne internazionali in programma in difesa dei 5, in particolare di quella di Marzo a Londra e della Terza giornata Internazionale per la Libertà dei 5 che si terrà a Washington a giugno prossimo. Il Prof. Vasapollo, insieme a Renè e a Frei Betto ha anche tenuto una conferenza internazionale al Palazzo delle Convenzioni a la Havana a cui hanno partecipato centinaia di docenti, attivisti sociali e della solidarietà di tantissimi paesi non solo latino-americani, che hanno posto molte domande e sviluppato con i tre relatori un interessante dibattito sullo stato attuale delle campagne di solidarietà e sulle modalità di come proseguirle in tutto il mondo, dando rilevanza al fatto che vanno ampliati sempre di più gli interlocutori di aree sociali anche fuori dai circuiti della solidarietà militante coinvolgendo ad esempio sindacati, studenti, settori delle diverse chiese e religioni, insomma facendo una forte campagna di informazione per far conoscere il caso dei 5 che ancora è sconosciuti ai più e cercando anche forme di solidarietà non necessariamente di carattere politico ma toccando argomenti che siano anche percepiti come questioni di giustizia sociale ed umanitaria.
Un momento di grande interesse culturale e di emozione vissuto dalla nostra delegazione è stato proprio questo “dibattito a tre” tra il Professor Vasapollo, Frei Betto e Renè Gonzalez, coordinato da Arleen Rodriguez e Graciela Ramirez, tenutosi al Palazzo delle Convenzioni, che ha ripercorso le tappe della sopra citata “Battaglia Internazionale per la Libertà dei 5”.
Renè ha fatto un appello affinché le varie istituzioni religiose e le più diverse istanze sociali conoscano e sostengano, almeno dal punto di vista della solidarietà umana, questa campagna di libertà così importante, e infatti durante le varie iniziative il suo unico scopo non è stato parlare di sé e di ciò che ha vissuto, ma sempre quello di ascoltare e capire come ci si possa muovere per ampliare la schiera degli attori sociali in grado di sensibilizzare e coinvolgere ampi strati della popolazione in particolare statunitense per la liberazione dei suoi compagni.
Il 27 febbraio prossimo giunge a fine pena Fernando Gonzalez dopo 16 anni di ingiusta detenzione e si spera possa rientrare immediatamente nella sua patria; rimangono così ostaggio dell’imperialismo USA Gerardo Hernandez, Antonio Guerrero, Ramon Labañino, in quanto ad ognuno di loro sono state inflitte pene differenti ma pesantissime e ognuno di loro dovrà scontare secondo le leggi statunitense completamente la pena fino all’ultimo giorno, e non solo: Renè per esempio ha scontato i suoi 13 anni di detenzione ed è dovuto rimanere altri due anni negli Stati Uniti in libertà vigilata, quando invece sarebbe potuto rientrare immediatamente a Cuba! La battaglia di libertà e giustizia continuerà comunque, per loro scelta, a chiamarsi “Campagna di libertà per i 5”, perché giustamente si sentono “un unico corpo” che ha servito e serve umilmente la patria socialista contro il terrorismo, e finché non saranno liberi tutti e nella loro patria la drammatica vicenda dei 5 non si considererà risolta. Dei tre rimasti nelle carceri statunitensi uno ha la fine della pena nel 2017, uno nel 2021, ma a Gerardo è stata inflitta la condanna più assurda, ingiusta e pesante: due ergastoli e in più 15 anni, quindi per la legge statunitense è come se dovesse rinascere due volte e poi scontare ulteriori 15 anni!! E’ quindi chiaro che l’unica soluzione possibile sia esclusivamente politica ed in mano al Presidente Obama che può concedere una grazia o un indulto.
La nostra delegazione ha più volte incontrato il Comitato internazionale per la Libertà dei 5 e si è a lungo parlato delle modalità di attuazione delle due prossime iniziative, quella del 6 marzo a Londra, in preparazione della Terza giornata Internazionale a Difesa dei 5 che si terrà a Washington. Lo scorso anno alcuni nostri compagni sono stati nella città statunitense a manifestare davanti alla Casa Bianca, partecipando attivamente ad incontri, manifestazioni, conferenze, ecc., e torneranno anche quest’anno per portare avanti questa battaglia politica di libertà e di riconoscimento del diritto all’autodeterminazione per ogni cittadino del mondo, per l’intera umanità e per coinvolgere sempre più l’opinione pubblica e la stampa statunitense. Il Presidente Obama avrebbe infatti tutte le facoltà di concedere l’indulto ai nostri fratelli, ma gli USA ragionano solo in termini di vendetta e di rapporti di forza contro l’indipendenza di Cuba; ed è quindi ovvio che se una buona parte di opinione pubblica statunitense capisse e si schierasse a favore della liberazione degli agenti cubani, il presidente Obama forse potrebbe essere più indotto a concedere l’indulto in quanto potrebbe reagire positivamente ad un maggiore consenso e pressione sociale. Lo scorso anno a Washington si è notata una grande sensibilità a conoscere e capire da parte di vari settori della società statunitense, a partire dalla Chiesa Evangelica e da settori sociali e del pacifismo e se ne è discusso con Angela Davis e con tanti intellettuali e artisti statunitensi che hanno aderito con forte spirito battagliero; anche il Washington Post, dopo essere stato occupato simbolicamente, ha preso più in considerazione la questione e ha pubblicato degli articoli a riguardo.
La nostra delegazione per approfondire le relazioni politiche e culturali si è poi incontrata col Ministro dell’Educazione Superiore Alarcon e con vari dirigenti del Ministero, come Ramon Sanchez Noda che dirige il Dipartimento marxismo e leninismo, il vice ministro Santin , dirigenti delle relazioni internazionali e poi abbiamo incontrato il Ministro della Cultura Bernal, e vari altri esponenti del Governo e delle istituzioni cubane.
Siamo stati poi ospitati alla Casa dell’ALBA con un lungo e fraterno incontro con Ismael Gonzalez presidente per le attività sociali e culturali dell’ALBA; e proprio nella Casa dell’ALBA abbiamo presentato i libri La transizione bolivariana al Socialismo e Chavez per sempre! Editi da Natura Avventura Edizioni; questi due libri sono stati presentati anche al Memorial Salvador Allende da Abel Prieto, primo Assessore del Presidente Raul Castro e da Isabel Monal prestigiosa filosofa cubana di livello internazionale. Abbiamo anche partecipato alla Fiera Internazionale del Libro di Cuba, quest’anno dedicata all’Ecuador, dove abbiamo anche incontrato i Primo Vicepresidente della Repubblica di Cuba Miguel Diaz Canel e il Ministro degli Esteri dell’Ecuador Patiño, e dove abbiamo presentato di fronte ad un attento pubblico e molti giornalisti in una splendida cornice di festa e cultura il libro “Sole spento… ma che colpa abbiamo noi?” Durante l’interscambio con il pubblico abbiamo voluto spiegare i contenuti e anche il perché del titolo: il sole del cosiddetto futuro che aveva promesso il capitalismo per l’umanità si è ormai spento; la colpa viene data ai lavoratori: ma loro che colpa hanno se il sistema capitalista con le sue regole del profitto sta distruggendo l’umanità?! Da ciò ne deriva anche nel libro un forte parallelismo con il caso dei 5 eroi cubani, cioè una drammatica sintonia fra forme di terrorismo economico e di terrorismo militare di Stato utilizzate dal sistema capitalistico soffocato da una sua stessa crisi sistemica; infatti il caso dei 5 eroi cubani è un atto di ricatto e vendetta di carattere politico-militare contro la rivoluzione cubana; da 16 anni per i nostri fratelli il sole si è spento, perché l’impero li ha voluti ingiustamente in carcere come ostaggi politici contro la grave colpa di Cuba di essersi autodeterminata in maniera socialista; ma che colpa hanno loro, se non quella di aver difeso il loro Paese e l’umanità dal terrorismo?
Gli incontri e le attività culturali alla Fiera del libro da parte della nostra delegazione hanno posto anche le basi con Ismael Gonzalez, Isabel Monal e Abel Prieto per realizzare dei libri in Italia e per riaprire un discorso politico e culturale della grande figura del rivoluzionario comunista Gramsci, per capire perché ancora oggi in Europa l’approfondimento del suo pensiero sia tanto osteggiato quando invece in America Latina la sua figura di rivoluzionario è centrale all’interno di un discorso di rilancio del Socialismo nel XXI secolo. Le nostre attività culturali ed editoriali dei prossimi mesi cercheranno proprio di legare gli attuali sviluppi teorici e culturali dei paesi dell’ALBA all’attualizzazione del pensiero gramsciano e a come i nuovi paradigmi politico-economici della complementarietà, solidarietà e delle economie fuori mercato abbiano oggi un grande peso come alternativa alla crisi sistemica del capitale ma allo stesso tempo attingono da grandi rivoluzionari del passato come Mariatequi e lo stesso Gramsci.
Il 13 febbraio si è tenuta all’ICAP una bellissima cerimonia: i familiari della guerrigliera Tamara, conosciuta come Tania, morta in Bolivia a soli 30 anni insieme a Che Guevara, che ne aveva solamente 39, hanno donato al Governo cubano alcuni suoi libri, dei diari e i pochi abiti rimasti. Molti sono stati anche gli incontri con la Rete in Difesa dell’Umanità ai quali ha partecipato Omar Gonzalez, coordinatore della e tanti altri illustri e prestigiosi intellettuali e artisti e responsabili di centri studi e strutture culturali di Cuba.
Importanti sono stati anche gli incontri con gli economisti dell’ANEC e con gli studiosi del CIEM (Centro di Ricerca sull’Economia Mondiale), con i quali si è discusso della crisi, delle eventuali soluzioni e di come attualizzare i sistemi di pianificazione socialista.
Il dibattito oggi a Cuba e nell’ALBA è sulla possibilità di creare una congiunzione fra pianificazione socialista centralizzata e pianificazione decentralizzata. Il socialismo fino ad ora ha storicamente portato avanti anche in realtà differenti un modello di piano centrale, ma ora Cuba sta tentando di unificare la strada di una strategia di pianificazione economica a livello centrale, poi diversificata a livello locale, di provincia in provincia secondo le rispettive risorse, possibilità e potenzialità.
C’è quindi un dibattito forte sulle linee di attualizzazione dell’economia che sono state approvate a Cuba nel 2011: dopo tre anni i risultati sono ben visibili, infatti sono immediatamente percepibili i risultati del ritorno di magliaia di lavoratori alle campagne, anche incentivato dall’usufrutto e dalla possibilità di investimenti sociali con credito a basso tasso di interesse. Inoltre 500.000 lavoratori sono passati dal settore pubblico al lavoro individuale, cioè non sono più dipendenti pubblici, senza però creare disoccupazione che rimane a meno dell’1,5% e aumentando così la produttività e l’efficienza del lavoro, obiettivo che comunque rimane assolutamente centrale per i prossimi anni. Facendo per esempio una proporzione con l’Italia, qui si sarebbe trattato di uno spostamento di settore di 3 o 4 milioni di lavoratori, di cui almeno metà sarebbero rimasti disoccupati adducendo la giustificazione “dell’efficienza produttiva” o simili. Non dimentichiamo che secondo le ultime statistiche la disoccupazione in Italia va sempre più crescendo (e al sud si parla del 65% di disoccupazione giovanile), e la restante percentuale è rappresentato da lavoratori spesso precari. A Cuba il tasso di disoccupazione come dicevamo è dell’ 1,5% ma va considerato che siamo in un periodo di pieno passaggio per la modernizzazione dell’economia, e questa per l’isola è una percentuale alta visto che solitamente ammonta a meno dell’ 1%!
Un’altra delle linee di perfezionamento dell’economia su cui si sta puntando forte oggi a Cuba è quella di eliminare la doppia circolazione della moneta; ad oggi ancora il rapporto del peso cubano e del CUC, il peso convertibile è di 1:24, e la doppia circolazione ha permesso di attrarre valuta ma allo stesso tempo, come i dirigenti cubani ovviamente prevedevano, questa situazione ha creato aree di privilegio e oggettivamente settori della popolazione che vivono meglio di altre perché per le attività lavorative che svolgono, per le rimesse dall’estero hanno accesso più facile al peso convertibile. Questo è stato il prezzo anche sociale da pagare per uscire dal “periodo especial”, per rilanciare l’economia, per mantenere il socialismo rivoluzionario e non abdicare a ciò che volevano gli imperialisti cioè un socialismo solo di facciata. Ma adesso si deve arrivare all’eliminazione di questa doppia circolazione monetaria, e per far ciò si stanno intensificando le politiche per diminuire le importazioni, aumentare le esportazioni, migliorare l’efficienza produttiva. A tale riguardo si stanno facendo delle sperimentazioni: nei negozi dove prima si comprava solamente in CUC ora i cittadini cubani possono accedere più facilmente anche con la moneta nazionale. È questa una fase sperimentale, ma il governo si sta ponendo seriamente il problema di cercare di tornare ad una moneta unica senza creare forti squilibri procedendo gradualmente in modo da evitare al massimo gli impatti negativi e mantenere uno sviluppo armonico a sostenibilità socio-ambientale.
Tra le tante conferenze e seminari avuti dalla nostra delegazione in questi giorni, una di particolare importanza, nel Palazzo delle Convenzioni davanti a centinaia di attentissimi partecipanti, è stata quella tenuta dal Professor Vasapollo, Attilio Boron, Frei Betto e coordinata dal Vice Ministro della Cultura Fernando Rojas in cui si è discusso di modalità di attuazione di uno sviluppo che ponesse al centro le questioni educative, le prospettive del socialismo con sempre attenzione al profondo spirito martiano umanista che da sempre ha caratterizzato la rivoluzione cubana e che oggi grazie anche ai nuovi assetti politico-economici in America Latina può essere di esempio di una nuova e solidale modalità di attuare le relazioni internazionali in completa contrapposizione alla logica imperialista di espansione e di dominio che sempre più utilizza strumenti violenti, militari, aggressivi, come sta avvenendo con il nuovo tentativo di golpe fascista in Venezuela.
Come Rete in Difesa dell’Umanità abbiamo firmato e lanciato a livello internazionale un documento discusso in una riunione in cui insieme a noi hanno partecipato anche ad Abel Prieto, Frei Betto, il poeta e scrittore Miguel Barnet, Kenia Serrano, Atilio Boron, Lamrani e ad altri rappresentanti della Rete, intellettuali, artisti, esponenti del mondo della cultura e attivisti sociali di Cuba, del Brasile, dell’Uruguay, del Cile, di Panama e tanti altri. E’ stata una importante ed intensa riunione in cui si è espressa la grande solidarietà al popolo e alla Rivoluzione bolivariana, al Presidente Maduro e al governo che sta realizzando politiche sociali in piena continuità delle scelte rivoluzionarie del Comandante Supremo Hugo Chavez, ricordando che solo con la lotta si può onorare la ricorrenza di un anno dalla sua morte, il 5 marzo.
A tale riguardo si rafforza sempre di più in tutti noi l’idea che non si sia trattato di una morte naturale: una commissione di indagine sta verificando l’ipotesi di un avvelenamento, di un cancro indotto.
Nella riunione e anche in varie conferenze stampa abbiamo evidenziato che in questo momento si sta portando avanti da parte dei fascisti e della CIA un tentativo di golpe iniziato lo scorso anno dopo le elezioni, che aveva già causato 11 morti e oltre 80 feriti. In quel caso dell’aprile 2013 il colpo di Stato non è riuscito grazie alla forte mobilitazione del popolo venezuelano, ma nei mesi successivi si è tentata la via del terrorismo economico e finanziario; si è fatta una grande speculazione sul commercio, sulla distribuzione e sulla moneta con una sopravvalutazione del dollaro: se infatti ad aprile scorso il cambio ufficiale era di 1:6,5 e quello a nero di 1:30, ad ottobre il secondo era di 1:45 e oggi di 1:70, così da cercare di ridurre il potere d’acquisto dei salari e da impoverire il Paese e creare grosse aree di malcontento popolare. Ma neanche il terrorismo economico è riuscito ad indebolire il processo rivoluzionario del Venezuela, per questo ora i fascisti e la CIA stanno tentando nuovamente la via violenta del colpo
di Stato, utilizzando Capriles che rappresenterebbe l’opposizione fascista ma “pacifica” (nella realtà delle cose però si tratta solo di mera finzione!), e utilizzando bande di mercenari guidate da Lopez che rappresenta la volontà della CIA e dell’imperialismo di realizzare un golpe violento fascista per interrompere il processo rivoluzionario e ridare il Venezuela in mano alle multinazionali, alle oligarchie del petrolio come colonia dell’impero USA.
Il Venezuela, insieme a Cuba, è l’asse portante dell’ALBA: se si colpisse la rivoluzione bolivariana ne risentirebbe duramente non solo il paese stesso, ma anche tutti paesi l’ALBA con forti effetti negativi sulla tenuta ideologica e concreta delle prospettive per progressisti, democratici e rivoluzionari in Europa che lavorano contro l’imperialismo, contro il neoliberismo e nella prospettiva anticapitalista .
E’ per questo che l’impero non rinuncia alla sua smania di espansione e di potere: il petrolio venezuelano è merce preziosa per tentare di uscire dalla crisi sistemica del capitale e abbattere violentemente la rivoluzione bolivariana significa potersi reinsediare da imperialisti nel “cortile di casa”. L’ultimo giorno, poco prima della partenza, abbiamo avuto un incontro con Aleida Guevara, la figlia del Comandante Ernesto Guevara. Si è molto parlato della rivoluzione venezuelana e del suo libro scritto sul pensiero e la figura del comandante Hugo Chavez e dei prossimi lavori anche editoriali che sta realizzando sui vari percorsi socio-politici ed economici sui paesi dell’ALBA. È stato un momento come sempre interessante ma anche di struggente emozione; Aleida lavora fortemente nel settore dell’educazione di bambini che per nascita o per incidenti hanno delle difficoltà motorie o attitudinali, o forse sarebbe più giusto dire che posseggono delle “capacità differenti”. Siamo entrati con lei in alcune delle scuole che Aleida coordina con programmi educativi all’avanguardia, e abbiamo potuto vedere come ogni gruppo di soli tre/quattro bambini fosse guidato da almeno due insegnanti qualificati, come questi bambini vivano all’interno di queste scuole in alloggi ben attrezzati con ogni tipo di confort e servizio completamente gratuiti, sempre seguiti attentamente dagli insegnanti ma anche dalle famiglie, dalle quali non si distaccano e anzi collaborano al loro processo educativo. Siamo stati insieme a lungo con questi bambini, hanno realizzato per noi dei disegni che ci hanno regalato dei piccoli oggetti fatti a mano da loro.
Una considerazione ci è venuta spontanea: i bambini che in Italia hanno queste difficoltà, hanno una scuola pubblica che li segue 24 ore su 24 o bisogna mandarli in istituti privati a costi altissimi e con strutture e modalità non sempre adeguate? La risposta è purtroppo scontata… Aleida accompagnandoci durante questa emozionante visita ci ha detto che questo amore è ciò che le è stato insegnato dal padre Ernesto, ci ha raccontato delle sue “missioni” mediche in Angola durante la guerra e poi in Nicaragua, e di come il fratello Camillo sia andato in quell’occasione nel Paese come istruttore combattente. Aleida è figlia e attore principale di questo processo, di una rivoluzione come atto di amore , come ci ha trasmesso in eredità politica suo padre, il grande rivoluzionario Che Guevara.
Anche come docenti pensiamo che sarebbe utile che nel nostro Paese la cultura avesse l’importante ruolo che riveste a Cuba, una cultura e una educazione per l’amore dell’umanità, per essere liberi, per uno sviluppo a forte sostenibilità sociale.
Nell’attività di carattere accademico portata avanti dalla nostra delegazione in questi giorni a Cuba abbiamo partecipato ad un importante evento realizzato dal Ministero dell’Educazione Superiore al quale siamo stati invitati come rappresentanti dell’Università di Roma Sapienza, guidati dal Professor Luciano Vasapollo in qualità di delegato del Rettore per i Paesi dell’ALBA.
In tale veste abbiamo partecipato al Congresso Internazionale delle Università, in cui erano presenti 65 paesi rappresentati da 250 atenei, 3000 delegati stranieri e 1000 cubani. Il Congresso Internazionale si intitolava “L’Università per lo Sviluppo Sociale”: si tratta di un convegno internazionale che si svolge a Cuba ogni due anni, e le presenze dei Paesi e delle relative Università è in continuo aumento. I settori didattici caratterizzanti il convegno coprivano gran parte dei campi scientifici: quello economico, quello biologico, quello medico; e ancora l’ingegneristico, lo psicologico, quello di diritto. Il Professor Vasapollo ha tenuto, insieme a Rita Martufi, una relazione inerente i Paesi dell’ALBA e la loro esperienza politica ed economica come alternativa concreta di solidarietà e complementarietà contro le leggi del profitto che sono stati capaci di portare l’umanità sull’orlo dell’abisso con l’attuale crisi sistemica. E’ stato importante rafforzare quei legami già in precedenza stretti con Cuba in qualità di rappresentanti di varie Facoltà e Dipartimenti della Sapienza, ma allo stesso modo rilevante è stato intraprendere relazioni culturali con delegazioni del Venezuela, della Bolivia, dell’Argentina, del Brasile, del Messico. Tutto ciò è stato possibile grazie al Ministero dell’Educazione Superiore di Cuba, che è riuscito a dar vita ad un evento di tale rilevanza scientifica e politico-culturale. Era presente al congresso il Commissario dell’Unione Europea per l’Educazione e anche i rappresentanti di molti organismi e istituzioni internazionali. La seconda sera del congresso il Commissario Europeo ha tenuto un discorso ufficiale presso la sede diplomatica dell’Unione Europea a L’Avana in cui sono stati evidenziati vari riconoscimenti a Cuba in campo scientifico, nel campo dell’istruzione primaria e universitaria, e nello specifico ha riconosciuto la grande qualità organizzativa del presente convegno, tale da essere preso ad esempio per un eventuale suo svolgimento in Europa.
Tali riconoscimenti accademici, scientifici, culturali e organizzativi sono certo un grande riconoscimento per un piccolo Paese come Cuba, di undici milioni di persone, tormentato da problemi quali il blocco e le varie ingerenze nord-americane!
Cuba è una realtà completamente differente dalla nostra, ma siccome il nostro fronte di lotta e di vita è qui, prendiamo esempio da questa piccola isola, impariamo, e torniamo a “giocare la nostra partita” in Europa consapevoli di quanto la rivoluzione cubana sta dando da 55 anni a noi tutti come punto di riferimento per portare avanti il nostro sogno rivoluzionario socialista e a tutta l’umanità come esempio di un mondo diverso, possibile, di uomini uguali e liberi che giorno per giorno, con la durezza e al tempo la tenerezza del lavoro rivoluzionario dimostra che si può fare…, che l’isola… c’è, che la rivoluzione marcia…, sapendo che il cammino si fa camminando !
Capitolo Italiano della Rete in Difesa dell’Umanità
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