giovedì 3 aprile 2014

Qatar :"mondiale della vergogna" Almeno 1.400 lavoratori sono già morti nei cantieri.


Il duro rapporto della Confederazione sindacale internazionale (CSI) rivela una verità conosciuta a tutti: il Qatar, amico di Sarkozy e Hollande, è il paese della schiavitù moderna con già 1.400 operai immigrati morti nei cantieri dei Mondiali 2022.

Quanto vale la vita di un operaio nepalese, quale è il valore dei diritti dell'uomo? Ben poco a giudicare dal riserbo dei nostri dirigenti sulla vergognosa situazione in Qatar, proprio loro che sono così pronti a indignarsi quando i propri interessi sono in gioco, in Ucraina, in Libia, in Siria o in Mali.

Attraverso un mal celato sistema di corruzione, il Qatar ha ottenuto nel 2010 l'organizzazione della Coppa del mondo di calcio 2022, con la complicità delle grandi potenze. Il governo Sarkozy poi aveva offerto su un piatto d'argento il Paris-Saint-Germain. [Al-Khelaifi, uomo d'affari qatariota e direttore di Al Jazeera Sports diventa nel 2011 il primo presidente non francese del club di calcio parigino, ndt]

Quattro anni dopo, il rapporto della CSI apre gli occhi anche agli ipocriti: "Il dossier contro il Qatar" rivela le violazioni dei diritti dei lavoratori ad un livello senza precedenti nell'organizzazione dei grandi avvenimenti sportivi, il disprezzo delle libertà e della vita degli operai.

Il Qatar conta 1,5 milioni di immigrati su 2 milioni di abitanti. Un esercito di schiavi al servizio di una casta dominante, nel paese dal Pil pro capite più elevato del mondo. Ecco una sintesi di ciò che i nostri dirigenti garantiscono in nome del "circo" moderno.

Il "kafala", un sistema contro i diritti dei migranti

Gli operai immigrati che lavorano nei cantieri sono privati di ogni libertà nel quadro del sistema "kafala": tutti gli operai immigrati sono sotto la responsabilità di un "kafil", un padrino che ha il controllo totale sui loro movimenti, nel paese come all'estero.

Il "kafil" può confiscare il passaporto dell'operaio - è il caso del 90% dei migranti - e privarlo di ogni tutela giuridica.

È allora alla mercé dei sinistri "campi di detenzione", dove sono ammassate parecchie centinaia di operai in uno stesso locale, sottomessi all'arbitrio, senza tutela legale né soddisfacimento dei bisogni più elementari.

Il lavoro forzato, la norma in Qatar

Il regime di lavoro forzato è la norma per i migranti in Qatar. Quasi tutti gli operai immigrati sono passati da una "agenzia di reclutamento" che addossa sui migranti nepalesi, indiani, filippini, indonesiani dei costi che vanno da 1.000 a 10.000 dollari a testa.

Questa situazione indebita i migranti a tassi esorbitanti. Miserabili al loro paese, col sogno di stipendi che permettano di fare vivere le loro famiglie in Nepal o in India, contraggono debiti che li costringono ad entrare in una situazione di dipendenza economica permanente coi loro padroni.

Gli stipendi sembrano attraenti - almeno 250 $ per i migranti asiatici - rispetto allo stipendio nel paese di origine. Le cifre però sono ingannevoli: una buona parte dello stipendio è trattenuta dal datore di lavoro per l'alloggio, il cibo, i trasporti, in un paese dove il costo della vita è comparabile a quello dei paesi ricchi. Senza dimenticare che un terzo di loro (il 34% degli operai, secondo un'inchiesta dell'Ispettorato del lavoro qatariota, (sic), non ha avuto alcuna retribuzione in questi ultimi mesi.

La schiavitù del XXI secolo è in Qatar!

Le condizioni di lavoro nei cantieri superano quelle delle peggiori miniere e fabbriche dell'Ottocento. Giornate dalle 8 alle 12 ore di lavoro, tra giugno e settembre, con quasi 50° all'ombra. E questi paiono quasi privilegiati in rapporto ai lavoratori domestici, quasi essenzialmente donne, che passano dal lavoro forzato alla schiavitù pura e semplice.

Non sono protette da alcuna legge, spesso private di cibo, di un alloggio decente, con salari bassissimi, sottoposte a percosse, torture, stupri. L'ambasciata dell'Indonesia accoglie ogni giorno da 5 a 10 lavoratori domestici in cerca di rifugio per sfuggire alla schiavitù domestica.

Le condizioni di vita non sono migliori per i migranti. Confinati nei "campi di lavoro", nei quartieri lontani dal resto della città, sconosciuti anche alle autorità internazionali. I loro alloggi, pagati con una decurtazione dal salario, non hanno nulla a che vedere con una "casa popolare": sono tuguri di una stanza in cui vivono otto o dieci operai, spesso senza condizioni sanitarie adeguate. Un numero di alloggi è dotato di acqua… salata per lavarsi o cucinare!

Per difendere migliori condizioni salariali, di lavoro, di vita, i migranti non hanno il diritto ad alcuna contrattazione collettiva, a nessuna organizzazione sindacale. Qualsiasi protesta potrebbe portare alla revoca della protezione del "kafil", mettendo così il lavoratore alla mercé dell'arbitrio delle autorità e impedendogli persino il ritorno.

In modo ancora più perverso, il governo del Qatar ha creato un "Comitato nazionale del Qatar per i Diritti umani", per presunte indagini sulle violazioni dei diritti umani. In realtà, questa organizzazione ha lo scopo di identificare i facinorosi e contestatori per isolarli e punirli.

1.400 lavoratori sono morti... 4.000 nel 2022?

Un conteggio dello spaventoso numero di morti è ancora impossibile da fare. La CSI parte dalle cifre delle morti denunciate dalle ambasciate nepalesi e indiane e che rappresentano la metà degli operai immigrati. Secondo l'ambasciata nepalese, 400 lavoratori migranti sono morti dal 2010 (191 nel 2013). Dal lato indiano, i morti sarebbero quasi 1.000, ad un ritmo l'anno scorso di 20 al mese. Solo per questi due paesi si parla di 1.400 morti in tre anni.

Secondo le stime molto prudenti della CSI, sono 4.000 gli operai immigrati che potrebbero finire vittime di questo sistema di schiavitù moderna, sapendo che 500mila operai supplementari dovrebbero essere portati in Qatar entro il 2018.

Rispetto agli altri grandi eventi mondiali, il confronto è impressionante: la coppa del mondo del 2010 in Sudfrica ha fatto 2 morti, quella in Brasile del 2014 ha fatto 7 morti, i mondiali in Russia hanno causato la perdita di 8 operai. Se paragonati ai già 1.400 morti in Qatar, viene il capogiro.

La complicità delle grandi imprese francesi!

Mentre il Qatar spenderà almeno 200 miliardi di dollari in infrastrutture - stadi, tgv, metropolitana, tram, centri commerciali, nuove città - è riluttante nel pagare qualche migliaio di euro per il milione e mezzo di schiavi moderni.

Tra i complici di questo sistema, le grandi imprese francesi che corteggiano l'emirato: Bouygues, Vinci, ma anche Keolis (controllata da SNCF) sono in lizza per i grossi contratti legati all'organizzazione del mondiale 2022.

La CSI propone di "fare pressione" sul Qatar per ottenere un ammorbidimento delle condizioni di sfruttamento, la normalizzazione delle relazioni con uno stato governato come una "monarchia assoluta", in cui sono negati i diritti più elementari dei lavoratori.

Il ruolo dei sindacalisti di classe, dei comunisti è un altro: è necessario avviare un vasto movimento per spingere al ritiro delle società francesi in Qatar, al boicottaggio dei campionati mondiali 2022 e delle relative attività in Qatar; alle sanzioni contro questo stato che finanzia dovunque nel mondo i gruppi più reazionari, le attività criminali contro il popolo arabo.

Il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni devono valere per il Qatar, l'inferno dei lavoratori. Non facciamo del miraggio dei "panem et circenses" moderni, la causa della violazione più obbrobriosa dei diritti dei lavoratori.
  Qatar, le « mondial de la honte » : au moins 1 400 ouvriers déjà morts sur les chantiers

Le rapport de la Confédération syndicale internationale (CSI) est accablant, il révèle une vérité connue de tous : le Qatar, ami des Sarkozy et Hollande, est le pays de l'esclavage moderne, 1 400 ouvriers immigrés sont déjà morts sur les chantiers du mondial 2022.

Combien vaut la vie d'un ouvrier Népalais, quelle est la valeur des droits de l'Homme ? Bien faible à voir la discrétion de nos dirigeants sur leur situation révoltante au Qatar, eux si prompts à s'indigner quand leurs intérêts sont en jeu, en Ukraine, en Libye, en Syrie ou au Mali.

Dans des conditions de corruption à peine dissimulées, le Qatar a obtenu en 2010 l'organisation de la Coupe du monde de football 2022, avec la complicité des grandes puissances. Tout comme le gouvernement Sarkozy lui avait offert sur un plateau le Paris-Saint-Germain.

Quatre ans après, le rapport de la CSI peut ouvrir les yeux des hypocrites : « Le dossier contre le Qatar » révèle des violations des droits des travailleurs à une échelle sans précédent dans l'organisation des grands événements sportifs, au mépris des libertés, de la vie des ouvriers.

Le Qatar compte 1,5 millions de migrants sur 2 millions d'habitants. Une armée d'esclaves au service d'une caste dominante, dans le pays au PIB par habitant le plus élevé du monde. Un résumé édifiant de ce que nos dirigeants cautionnent au nom des « jeux du cirque » modernes :

Le « kafala », un système de parrains contre les droits des migrants

Les ouvriers migrants travaillant sur les chantiers sont privés de toute liberté dans le cadre du système du « kafala » : tout ouvrier migrant est sous la responsabilité d'un « kafil », un parrain qui a contrôle total sur les mouvements du travailleurs, dans le pays et à l'extérieur.

Le « kafil » peut confisquer le passeport de l'ouvrier – c'est le cas de 90 % des migrants – le priver de toute protection juridique.

Il est alors à la merci des sinistres « camps de détention »,où sont entassés plusieurs centaines d'ouvriers dans une même pièce, soumis à l'arbitraire, sans conseiller juridique ni satisfaction des besoins les plus élémentaires.

Le travail forcé, la norme au Qatar

Le régime de travail forcé est la norme pour les migrants au Qatar. Quasiment tous les ouvriers immigrés sont passés par une « agence de recrutement » qui charge les migrants népalais, indiens, philippins, indonésiens de 1 000 à 10 000 $ par tête.

Cette situation endette les migrants à des taux exorbitants. Misérables au pays rêvant de salaires permettant de faire vivre leurs familles au Népal ou en Inde, ils héritent de dettes qui les forcent à rentrer dans une situation de dépendance économique permanente avec leurs employeurs.
Les salaires paraissent attractifs – au minimum 250 $ pour les migrants asiatiques – par rapport au salaire dans le pays d'origine.
Les chiffres sont trompeurs, une bonne partie du salaire est prélevé par l'employeur pour le logement, la nourriture, les transports, dans un pays où le coût de la vie est comparable à celui des pays riches.

Sans oublier qu'un tiers (34%) des ouvriers, selon une enquête de l'Inspection du travail qatari (sic) n'ont eu aucune rémunération ces derniers mois. 
 
L'esclavage au XXI ème siècle : c'est au Qatar que cela se passe !
 
Les conditions de travail sur les chantiers dépassent celles des pires mines, usines du XIX ème siècle. Des journées de 8 à 12 heures de travail, entre juin et septembre, sous près de 50 ° à l'ombre.

Et encore ceux-ci apparaissent presque comme des privilégiés face aux travailleurs domestiques. Composés essentiellement de femmes, celles-ci passent du travail forcé à l'esclavage pur et simple.
 
Elles ne sont protégées par aucune loi, souvent privés de nourriture, d'un logement décent, du moindre salaire, soumises aux coups, aux tortures, aux viols. L'Ambassade d'Indonésie accueille chaque jour 5 à 10 travailleurs domestiques, demandant un refuge pour fuir l'esclavage domestique.
Les conditions de vie ne sont pas meilleures pour les migrants. Cantonnés dans des « camps de travail », dans des quartiers à l'écart du reste de la ville, inconnus même des autorités internationales.
Payés par prélèvement sur salaire, leur logement n'a rien d'un
« logement social » : un taudis d'une pièce occupé par huit ou dix ouvriers, souvent sans les conditions sanitaires adéquates. Nombre de logements sont équipés d'eau … salée pour se laver ou faire la cuisine !

Pour défendre de meilleures conditions salariales, de travail, de vie, bien entendu les migrants n'ont droit à aucune négociation collective, aucune organisation syndicale.

Tout mouvement de protestation peut conduire à la levée de la protection du « kafil », mettant l'ouvrier à la merci de l'arbitraire des autorités, lui empêchant même le retour au pays.

Encore plus pervers, le gouvernement qatari a créé un « Qatar National human rights committee », soi-disant pour enquêter sur les violations des droits de l'Homme. En réalité, cet organisme vise à identifier les éléments perturbateurs, protestataire pour mieux les isoler et les punir. 
 
1 400 ouvriers morts … 4 000 d'ici 2022 ?
 
Effrayant, le décompte du nombre de morts est pourtant impossible à faire. La CSI part juste des chiffres de pertes révélés par les ambassades népalaises et indiennes, qui représentent la moitié des ouvriers migrants.

Selon l'ambassade népalaise, 400 ouvriers migrants sont morts depuis 2010 (dont 191 en 2013). Du côté indien, ce serait près de 1 000 ouvriers qui seraient morts, à un rythme de 20 travailleurs morts par mois pour l'an dernier. Pour deux pays seulement, cela fait 1 400 pertes en trois ans.

Selon les estimations très prudentes de la CSI, 4 000 ouvriers immigrés pourraient être victimes de ce système d'esclavage moderne, sachant que 500 000 ouvriers supplémentaires devraient être transportés au Qatar d'ici 2018.

Par rapport aux autres grands événements mondiaux, la comparaison est effarante : la coupe du monde 2010 en Afrique du sud a fait 2 morts, celle au Brésil en 2014 a fait 7 morts, celle en Russie a déjà causé la perte de 8 ouvriers. Comparés aux 1 400 déjà morts au Qatar, cela donne le vertige. 

 
Les grandes entreprises françaises du BTP complices !

Alors que le Qatar va dépenser au moins 200 milliards de $ en infrastructures – stades, TGV, métro, tramways, centres commerciaux, villes nouvelles – il rechigne à verser quelques milliers d'euros à près de 1,5 millions d'esclaves modernes.

Parmi les complices de ce système, les grandes entreprises françaises qui font la cour à l'émirat : Bouygues, Vinci mais aussi Keolis (filiale de la SNCF) sont en lice pour de gros contrats liés à l'organisation du mondial 2022.

La CSI propose de « peser » sur le Qatar pour obtenir un assouplissement des conditions d'exploitation au Qatar, la normalisation des relations avec un État gouverné comme une « monarchie absolue », niant les droits les plus élémentaires des travailleurs.

Le rôle des syndicalistes de classe, des communistes est autre : il faut lancer un vaste mouvement pour pousser au retrait des entreprises françaises du Qatar ; au boycott du mondial 2022, et des activités liées au Qatar ; aux sanctions envers cet Etat qui finance partout dans le monde les groupes les plus réactionnaires, des activités criminelles contre les peuples, arabes avant tout.

Boycott, désinvestissement, sanctions : c'est valable pour le Qatar, enfer des travailleurs, ne faisons pas des mirages des « pain et des jeux » modernes une caution pour la violation la plus ignominieuse des droits des travailleurs.


Il rapporto della CSI è disponibile qui: http://www.ituc-csi.org/ituc-special-report-the-case?lang=en

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Resistenze.org
 Immagini inserite da amministratore blog, tratte da internet




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