Con Chávez y Maduro el pueblo está seguro.
Come
era da attendersi la destra venezuelana torna all’attacco con
l’appoggio del Dipartimento di Stato. Finita la tregua durata il
tempo dei funerali del Presidente Chávez, Washington ha espulso due
diplomatici venezuelani come ritorsione all’espulsione da parte del
Venezuela di due addetti miltari statunitensi accusati di ingerenza
negli affari interni.
Sul
versante interno, Henrique Capriles, candidato di Washington e della
cosiddetta Mesa de Unidad Democratica che riunisce i litigiosi
partiti dell’opposizione, ha usato i violenti toni di sempre per
annunciare la sua nuova candidatura alle elezioni del prossimo 14
aprile. Capriles era stato sconfitto ampliamente lo scorso 7 Ottobre,
quando Hugo Chávez aveva vinto con più di 8 milioni di voti,
(55,07%) contro il 44,31% ottenuto da Capriles. E a Dicembre la
destra era stata nuovamente battuta nelle elezioni regionali dove i
candidati bolivariani avevano vinto in 20 delle 23 regioni che
formano il Paese, mettendo a segno l’ennesima vittoria elettorale.
In
Aprile Henrique Capriles dovrà affrontare la sfida con Nicolàs
Maduro, il nuovo Presidente della Repubblica Bolivariana del
Venezuela, votato dal Parlamento in base alla Costituzione. Quella
stessa Carta Magna che la destra ha sempre disconosciuto e mai
rispettato.
In
una conferenza stampa, Capriles ha ripreso i toni abituali di
arroganza e di violenza verbale verso il governo, acusando il
Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) ed Tribunale Supremo di
Giustizia di aver violato la Costituzione accreditando la nomina
presidenziale di Maduro. A corto di argomenti, con tono teatrale e
macabro, ha rilanciato i dubbi sulle modalità della morte di Chávez,
accusando Maduro di aver mentito al Paese ed al mondo. Nei giorni
scorsi, infatti, il quotidiano franchista e monarchico spagnolo ABC,
aveva citato “fonti militari venezuelane”, naturalmente anonime,
per raccontare che Chávez sarebbe morto a Cuba, in un orario diverso
da quello ufficale, poi trasportato di nascosto e la bara del
funerale all’inizio sarebbe stata vuota per poi essere sostituita
con la vera. E molta della stampa italiana aveva dato risalto
all’articolo, dal Corriere a Repubblica, da Il Fatto alla stessa
Rai 3.
Una
strategia che punta a seminare dubbi, vista la difficoltà
dell’opposizione venezuelana, di fronte ai milioni di persone che
hanno assistito ai funerali, insieme a decine di Capi di Stato di
diverso orientamento politico e a delegazioni internazionali da tutto
il mondo.
Ieri
Maduro ha presentato la sua candidatura ufficiale al CNE,
accompagnato da migliaia di sostenitori, come è prassi ormai
consolidata a Caracas, insieme a 12 organizzazioni politiche che lo
appoggiano. Nella cerimonia ufficiale risuonavano gli slogan della
piazza: “Con Chávez y Maduro el pueblo está seguro”, "Chávez
te lo juro, mi voto es con Maduro". Il bolivariano è arrivato
alla guida di un bus. Una scelta non casuale, per ricordare ai
venezuelani le sue origini umili, di autista appunto. Un lavoro che
Maduro ha svolto per anni e che nel passato lo aveva portato ad
essere rappresentante sindacale del settore.
Nei
giorni scorsi, durante il Congresso del Partito Comunista del
Venezuela che per primo ha annunciato il suo appoggio, il candidato
bolivariano aveva annunciato la presentazione come programma di
governo del “Plan de la Patria”, elaborato dallo stesso Chávez
con il suo esecutivo pochi mesi fa.
“Sarò
presidente e comandante in capo delle Forze Armate Nazionali
Bolivariane, perchè me lo ha ordinato Chávez. Obbedirò i suoi
ordini, ma ho bisogno dell’appoggio del popolo, delle forze
rivoluzionarie e della gente nobile di questo paese”.
Maduro ha poi chiarito che si sente come un figlio del dirigente rivoluzionario. “Io non sono Chávez; parlo della sua intelligenza, del suo carisma, della sua forza spirituale e della capacità di direzione del Comandante. Una cosa è essere chavista, ed un’altra è che qualcuno possa aspettarsi da Nicolás Maduro che sia Chávez. Sono solo uno dei suoi figli chavisti”, ha poi proseguito, ricordando che “le prossime elezioni sono un impegno costituzionale” dovuto alla “mancanza assoluta” del Presidente Hugo Chávez.
Sembra davvero improbabile che l’opposizione riesca a vincere le prossime elezioni di Aprile. Anche se nel passato lo stesso Capriles in qualità di governatore dello Stato di Miranda era riuscito a vincere ben due candidati bolivariani (prima Diosdado Cabello, oggi Presidente del parlamento e poi Elias Jaua, l’attuale Ministro degli Esteri). Ma nelle ultime presidenziali ha subito una pesante sconfitta e non gioca certo a suo favore l’onda emotiva per la scomparsa di un Presidente molto popolare nel Paese latinoamericano. Henrique Capriles, dopo essere stato recentemente a Miami e a Bogotà per incontrarsi tra gli altri con gli oppositori al governo bolivariano ed i golpisti lì rifugiati, tenta la sua ultima carta elettorale sperando in una rimonta tutta in salita.
Maduro ha poi chiarito che si sente come un figlio del dirigente rivoluzionario. “Io non sono Chávez; parlo della sua intelligenza, del suo carisma, della sua forza spirituale e della capacità di direzione del Comandante. Una cosa è essere chavista, ed un’altra è che qualcuno possa aspettarsi da Nicolás Maduro che sia Chávez. Sono solo uno dei suoi figli chavisti”, ha poi proseguito, ricordando che “le prossime elezioni sono un impegno costituzionale” dovuto alla “mancanza assoluta” del Presidente Hugo Chávez.
Sembra davvero improbabile che l’opposizione riesca a vincere le prossime elezioni di Aprile. Anche se nel passato lo stesso Capriles in qualità di governatore dello Stato di Miranda era riuscito a vincere ben due candidati bolivariani (prima Diosdado Cabello, oggi Presidente del parlamento e poi Elias Jaua, l’attuale Ministro degli Esteri). Ma nelle ultime presidenziali ha subito una pesante sconfitta e non gioca certo a suo favore l’onda emotiva per la scomparsa di un Presidente molto popolare nel Paese latinoamericano. Henrique Capriles, dopo essere stato recentemente a Miami e a Bogotà per incontrarsi tra gli altri con gli oppositori al governo bolivariano ed i golpisti lì rifugiati, tenta la sua ultima carta elettorale sperando in una rimonta tutta in salita.
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