Che
cosa si gioca in Venezuela?
23
settembre 2012
- Marcos
Roitman Rosenmann Tratto da La
Jornada
Manca
meno di un mese e tutto sembra indicare che la vittoria di Hugo
Chavez non sia in discussione. Al di là della guerra dei sondaggi,
le carte sono sul tavolo. Eppure, vale la pena ricapitolare. Sempre
c'é spazio per l'imprevedibile. In queste elezioni, il Venezuela si
gioca se ulteriormente avanzare nel progetto popolare, nazionale,
antimperialista e democratico avviato nel 1998. Ma entra nella
competizione anche fare un passo da gigante nella costruzione di un
progetto regionale il cui organigramma non contempla la presenza
degli Stati Uniti.
Se vince il candidato della destra, il processo d' involuzione è garantito. L'opposizione venezuelana, oggi raggruppata intorno Henrique Capriles, non vede l'ora di finire con tutto ciò che sa di Chávez e del processo bolivariano.
La rivoluzione genera l'odio, risentimento e disaffezione. Odio nella vecchia classe politica, le grandi imprese e le classi dirigenti, abituate a comandare incontrollate. Il risentimento e la disaffezione tra la sinistra volgare il cui immaginario di cambiamento si ostina al "manuale" di stile della "rivoluzione". In questo contesto combatte la proposta bolivariana. Politiche sociali popolari, investimenti pubblici, redistribuzione della ricchezza, nazionalizzazione, riforma agraria, accesso alla casa, salute, istruzione. Voragine democratica che pone in questione la struttura sociale e il potere tradizionale, rimuovendo le fondamenta di una società piramidale ed escludente.
Lo sviluppo dell'alternativa ha dovuto superare timori, convocare un'assemblea costituente e plebiscitare il progetto democratico. Il 15 dicembre 1999, per la prima volta nella storia politica del paese, é stato approvato, in un referendum con il 71,78% di voti favorevoli, la nuova Costituzione. E lo ha fatto segnando differenze con quella precedente, in vigore dal 1961, approvata in seno al Parlamento, senza l'approvazione popolare.
La promulgazione della Magna Carta è stata la prima vittoria della rivoluzione in marcia. Tuttavia, la destra tarderà a riconoscere il nuovo quadro costituzionale. Trascorreranno cinque anni e in mezzo, il fallito colpo di stato del 2002, il cui scopo era, tra gli altri oltre che l'assassinio di Chavez, l'abrogazione della Costituzione del 1999, il cui fondamento a differenza della maggior parte di quelle della regione, sta nel sottolineare il carattere fondante della democrazia partecipativa nella costruzione di una cittadinanza integrale. Così lo evidenziano due scienziati sociali venezuelani Edgar Lander e Margarita Lopez Maya: "La ricerca dell'uguaglianza sociale come obiettivo esplicito é una delle differenze che ha l'attuale democrazia venezuelana rispetto alle altre democrazie della regione, ed è uno dei sensi che si può dare al termine "rivoluzione" con cui si auto-identifica questa esperienza. E così come la Costituzione del 1999 prevede nel suo secondo articolo, i principi fondamentali della repubblica: Il Venezuela si costituisce in uno Stato democratico e sociale di diritto e di giustizia, che propugna come valori superiori del suo ordinamento giuridico e del suo agire la vita, la libertà, la giustizia, l'uguaglianza, la solidarietà, la democrazia, la responsabilità sociale e nel complesso la preminenza dei diritti umani, l'etica e il pluralismo politico".
Con questo quadro sono stati create le missioni, strumento fondamentale per risolvere e definire i progetti tendenti all'integrazione, la trasformazione economica e sociale. Inoltre, il controllo delle risorse naturali ed energetiche, come il petrolio, ha permesso di avere i fondi necessari per attuare le politiche redistributive. A cui si deve sommare, in politica estera, il carattere antimperialista e di emancipazione che affonda le sue radici nel pensiero dei liberatori.
La rivoluzione bolivariana marcia controcorrente. In America Latina e nel mondo ha nemici che si ostinano a minimizzare le sue realizzazioni tacciandole di populismo, senza differenziare il popolare-nazionale, la costruzione di un soggetto politico autonomo, ciò che contraddistingue il populismo, un discorso operaista, che rinegozia la dipendenza e la cui leadership è nelle mani delle borghesie creole che non altera la struttura di potere né attacca, alle loro radici, le disuguaglianze. Pensate a Berlusconi, Aznar in Spagna, Putin in Russia, Calderón in Messico, Uribe in Colombia e Piñera in Cile.
Le politiche messe in atto in Venezuela sono popolari non populiste o tappa bocche, non cercano di comprare voti. Si tratta di un'azione tendente a sradicare la miseria, restituire la dignità ad un popolo e farlo partecipe del suo destino.
Se vince il candidato della destra, il processo d' involuzione è garantito. L'opposizione venezuelana, oggi raggruppata intorno Henrique Capriles, non vede l'ora di finire con tutto ciò che sa di Chávez e del processo bolivariano.
La rivoluzione genera l'odio, risentimento e disaffezione. Odio nella vecchia classe politica, le grandi imprese e le classi dirigenti, abituate a comandare incontrollate. Il risentimento e la disaffezione tra la sinistra volgare il cui immaginario di cambiamento si ostina al "manuale" di stile della "rivoluzione". In questo contesto combatte la proposta bolivariana. Politiche sociali popolari, investimenti pubblici, redistribuzione della ricchezza, nazionalizzazione, riforma agraria, accesso alla casa, salute, istruzione. Voragine democratica che pone in questione la struttura sociale e il potere tradizionale, rimuovendo le fondamenta di una società piramidale ed escludente.
Lo sviluppo dell'alternativa ha dovuto superare timori, convocare un'assemblea costituente e plebiscitare il progetto democratico. Il 15 dicembre 1999, per la prima volta nella storia politica del paese, é stato approvato, in un referendum con il 71,78% di voti favorevoli, la nuova Costituzione. E lo ha fatto segnando differenze con quella precedente, in vigore dal 1961, approvata in seno al Parlamento, senza l'approvazione popolare.
La promulgazione della Magna Carta è stata la prima vittoria della rivoluzione in marcia. Tuttavia, la destra tarderà a riconoscere il nuovo quadro costituzionale. Trascorreranno cinque anni e in mezzo, il fallito colpo di stato del 2002, il cui scopo era, tra gli altri oltre che l'assassinio di Chavez, l'abrogazione della Costituzione del 1999, il cui fondamento a differenza della maggior parte di quelle della regione, sta nel sottolineare il carattere fondante della democrazia partecipativa nella costruzione di una cittadinanza integrale. Così lo evidenziano due scienziati sociali venezuelani Edgar Lander e Margarita Lopez Maya: "La ricerca dell'uguaglianza sociale come obiettivo esplicito é una delle differenze che ha l'attuale democrazia venezuelana rispetto alle altre democrazie della regione, ed è uno dei sensi che si può dare al termine "rivoluzione" con cui si auto-identifica questa esperienza. E così come la Costituzione del 1999 prevede nel suo secondo articolo, i principi fondamentali della repubblica: Il Venezuela si costituisce in uno Stato democratico e sociale di diritto e di giustizia, che propugna come valori superiori del suo ordinamento giuridico e del suo agire la vita, la libertà, la giustizia, l'uguaglianza, la solidarietà, la democrazia, la responsabilità sociale e nel complesso la preminenza dei diritti umani, l'etica e il pluralismo politico".
Con questo quadro sono stati create le missioni, strumento fondamentale per risolvere e definire i progetti tendenti all'integrazione, la trasformazione economica e sociale. Inoltre, il controllo delle risorse naturali ed energetiche, come il petrolio, ha permesso di avere i fondi necessari per attuare le politiche redistributive. A cui si deve sommare, in politica estera, il carattere antimperialista e di emancipazione che affonda le sue radici nel pensiero dei liberatori.
La rivoluzione bolivariana marcia controcorrente. In America Latina e nel mondo ha nemici che si ostinano a minimizzare le sue realizzazioni tacciandole di populismo, senza differenziare il popolare-nazionale, la costruzione di un soggetto politico autonomo, ciò che contraddistingue il populismo, un discorso operaista, che rinegozia la dipendenza e la cui leadership è nelle mani delle borghesie creole che non altera la struttura di potere né attacca, alle loro radici, le disuguaglianze. Pensate a Berlusconi, Aznar in Spagna, Putin in Russia, Calderón in Messico, Uribe in Colombia e Piñera in Cile.
Le politiche messe in atto in Venezuela sono popolari non populiste o tappa bocche, non cercano di comprare voti. Si tratta di un'azione tendente a sradicare la miseria, restituire la dignità ad un popolo e farlo partecipe del suo destino.
Lo
dimostrano i dati economici durante questi 10 anni di cambiamenti
democratici. La lotta contro la disuguaglianza, la povertà e
marginalità sociale dà frutti. Durante il periodo 1999-2010,
l'investimento sociale complessivo si situa a 330 miliardi di $
(20%del PIL), mentre nel decennio 1988-1998 ha raggiunto solo l'8%.
Secondo la Banca Mondiale, la povertà è scesa dal 70% nel 1996
al23,9 nel 2009 e la povertà estrema si è ridotta dal 40% a 5,9.
L'indice di Gini per misura la diseguaglianza, si è ridotto di un
punto attestandosi a 0,4068, il più basso in America Latina. Il
tasso di disoccupazione non supera il 6,2% e il salario minimo è
passato da $ 185 nel 1998 a 462 nel 2010. Nel 1998 i beneficiari del
sistema pensionistico erano pari a 387000 persone, oggi sono 1916618,
con una pensione omologata al salario minimo, inesistente fino alla
rivoluzione. Anche il credito a microimprenditori e settori popolari
ha avuto un grande impulso. Nel 2011 la banca pubblica ha aumentato
del 50% i fondi di credito, passando da 40200 milioni di bolivares a
60346 milioni. Nel campo della salute, nel 2011 sono state realizzate
113 nuove costruzione, quattro ospedali, nove maternità e
s'incrementò del 21,1% il numero di posti letto.
D'altra
parte, la Missione Milagro, un programma congiunto cubano-venezuelano
, il cui motto è una visione solidaria del mondo, che dal 2004
opera, la popolazione a basso reddito, nelle malattie dell'occhio
corneali, cataratte, glaucomi, oftalmologia pediatrica e oncologia,
ha restituito la vista ad un totale complessivo di un 1413708 persone
provenienti da quasi tutti i paesi latino-americani.
Il
Venezuela ha oggi un debito esterno sanato e le riserve mondiali
accumulate sono raddoppiate in 10 anni, circa 30 miliardi di dollari.
Ma
i suoi successi si volatilizzano in mezzo a una propaganda falsa che
occulta la realtà e presenta un paese impantanato nella violenza, il
caos e la repressione. Il suo controllo sui media è schiacciante. Di
111 emittenti televisive, 61 sono private, 13 pubbliche e 37
comunitarie con portata limitata. Nelle stazioni radio AM, l'87%
appartengono al settore privato, 3% al comunitario e il 10% è
pubblico. E nell' FM, 57% sono private, il 31% comunitarie e la
minoranza sono pubbliche. E per quanto riguarda i giornali l'80% è
detenuto dall'opposizione. Ma l'immagine è invertita.
La destra venezuelana riconosce la Costituzione per pura forma, chiede referendum e si auto definisce moderata. Il suo candidato, Henrique Capriles, si presenta sotto l'etichetta di "progressista" e "uomo di centro", nonostante la sua belligerante azione nel colpo di stato del 2002, assaltando l'ambasciata di Cuba, senza andare oltre. Non dimentichiamo che Capriles è il rappresentante di un amalgama di organizzazioni, più di una dozzina, che comprendono, principalmente, persone il cui obiettivo è quello di riconquistare, per le classi dominanti tradizionali ed il capitale transnazionale, il suo potere ora nelle mani del popolo venezuelano. In conclusione, in questa elezione si giocano due opzioni, mantenere il percorso del progetto democratico o ritornare al passato neoliberale.
La destra venezuelana riconosce la Costituzione per pura forma, chiede referendum e si auto definisce moderata. Il suo candidato, Henrique Capriles, si presenta sotto l'etichetta di "progressista" e "uomo di centro", nonostante la sua belligerante azione nel colpo di stato del 2002, assaltando l'ambasciata di Cuba, senza andare oltre. Non dimentichiamo che Capriles è il rappresentante di un amalgama di organizzazioni, più di una dozzina, che comprendono, principalmente, persone il cui obiettivo è quello di riconquistare, per le classi dominanti tradizionali ed il capitale transnazionale, il suo potere ora nelle mani del popolo venezuelano. In conclusione, in questa elezione si giocano due opzioni, mantenere il percorso del progetto democratico o ritornare al passato neoliberale.
¿Qué se juega en Venezuela?
Marcos
Roitman Rosenmann
Queda menos de un mes y todo parece indicar que
el triunfo de Hugo Chávez no se cuestiona. Más allá de la guerra
de encuestas, las cartas están sobre la mesa. Aun así, vale la pena
recapitular. Siempre hay lugar para imprevisibles. En estas
elecciones, Venezuela se juega seguir avanzando en el proyecto
popular, nacional, antimperialista y democrático iniciado en 1998.
Pero también entra en liza dar un paso de gigantes en la
construcción de un proyecto regional cuyo organigrama no contempla
la presencia de Estados Unidos.
De ganar el candidato de la derecha, el proceso de involución está garantizado. La oposición venezolana, hoy agrupada en torno a Henrique Capriles, no encuentra la hora de acabar con todo lo que huele a Chávez y el proceso bolivariano.
La
revolución genera odio, resentimiento y desafección. Odio en la
vieja clase política, los grandes empresarios y las elites
dominantes, acostumbradas a mandar sin contrapesos. Resentimiento y
desafección entre una izquierda vulgar cuyo imaginario de cambios se
afincaba en el manual de estilo de la revolución. En este contexto
combate la propuesta bolivariana. Políticas sociales populares,
inversiones públicas, redistribución de la riqueza,
nacionalizaciones, reforma agraria, acceso a la vivienda, salud,
educación. Vorágine democrática que pone en cuestión la
estructura social y poder tradicional, removiendo los cimientos de
una sociedad piramidal y excluyente.
El desarrollo de la
alternativa tuvo que vencer temores, convocar una asamblea
constituyente y plebiscitar el proyecto democrático. El 15 de
diciembre de 1999, por primera vez en la historia política del país,
sería aprobada, en referéndum, con 71.78 por ciento de votos
afirmativos, la nueva Constitución. Y lo hizo marcando diferencias
con su predecesora, vigente desde 1961 aprobada en el seno del
Parlamento, sin un refrendo popular.
La
promulgación de la Carta Magna ha sido el primer triunfo de la
revolución en marcha. Sin embargo, la derecha tardará en reconocer
el nuevo marco constitucional. Pasara un lustro y entre medias, el
frustrado golpe de Estado de 2002, cuyo fin era, entre otros, aparte
del magnicidio, derogar la Constitución de 1999, cuyo fundamento la
diferencia de la mayoría de las existentes en la región, al
subrayar el carácter fundante de la democracia participativa bajo la
construcción de una ciudadanía integral. Así lo destacan dos
científico-sociales venezolanos, Edgar Lander y Margarita López
Maya: “La búsqueda de la igualdad social como objetivo explícito
es una de las diferencias que tiene la actual democracia venezolana
con otras democracias de la región, y es uno de los sentidos que se
le puede dar al término revolución con que se auto-identifica esta
experiencia. Es así como la Constitución de 1999, establece en su
segundo artículo, los principios fundamentales de la
república:Venezuela se constituye en un Estado democrático y social
de derecho y de justicia, que propugna como valores superiores de su
ordenamiento jurídico y de su actuación la vida, la libertad, la
justicia, la igualdad, la solidaridad, la democracia, la
responsabilidad social y en general la preminencia de los derechos
humanos, la ética y el pluralismo político.
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